Come la gran parte del vento
accade là dove ci sono alberi,
così la gran parte del mondo è centrato
su noi stessi.
Spesso là dove il vento ha radunato
insieme gli alberi,
un albero ne prenderà
un altro tra le braccia e lo stringerà.
I loro rami si strofinano
insieme follemente tra loro,
ma non è un vero fuoco:
si stanno spezzando l’uno con l’altro.
Spesso penso che dovrei essere come
l’albero solitario, che non va da nessuna parte,
perché il mio braccio non potrebbe e non vorrebbe
rompere l’altrui. Eppure con le mie ossa rotte
sento che il tempo sta per cambiare.
Paul Mouldon
(Traduzione di Luca Guerneri)
Vela e chioma però assolvono compiti diversi.
Al primo alito di vento
le foglie degli alberi si dispongono parallelamente alla sua direzione,
e la nostra vela, che per mare è fatta per catturare e trattenere il
vento, diventa subito un drappo tutto bucato.
In un insieme di consigli e pratiche
ci avvitiamo in ragionamenti incerti;
la natura sta gridando, urla e soffre, e noi
ci prendiamo a sberle come stupidi uomini...
Continua così fino al fusto, che a sua volta si flette, disperdendo energie e dando un ulteriore contributo alla riduzione delle dimensioni della vela.
Quello che resta della spinta del vento passa dal fusto fino alla zona radicale, dove si gioca l’ultima partita tra il vento e l’albero.
Quando il vento si infrange in una vela, questa oppone resistenza e trasferisce la forza prodotta lungo “l’albero” fino al veliero; quando il vento cerca di catturare un albero, si scontra con un individuo sfuggevole, flessibile, dalla forma imprevedibile e sempre mutevole (dalla rete).
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