E vi era un cullare, vi era un
respiro e trascorreva nelle chiome
degli alberi sì che le foglie si
piegavano, si rizzavano, impetuose
e tremanti quando il vento dell’autunno
comprimeva i rami finché lentamente
il fremito si affievoliva e più leggero
fluttuava solo il bordo di un giardino:
io ero vissuto vicino a questo fremere
singhiozzare, precipitare e più fredde erano
ora le notti sì che le dalie erano appannate
di brina bianca, scendevano
le cornacchie dai monti nel villaggio
e stavano sulla sommità dei tetti
però invano si allineava immagine
ad immagine per formare un racconto, ché
del tutto solo restava l’oscuro gorgogliare
della fontana e abbandonati se ne stavano
i luoghi con l’odore del freddo, dei
cavalli – sentivo mettergli la ferratura
respiro e trascorreva nelle chiome
degli alberi sì che le foglie si
piegavano, si rizzavano, impetuose
e tremanti quando il vento dell’autunno
comprimeva i rami finché lentamente
il fremito si affievoliva e più leggero
fluttuava solo il bordo di un giardino:
io ero vissuto vicino a questo fremere
singhiozzare, precipitare e più fredde erano
ora le notti sì che le dalie erano appannate
di brina bianca, scendevano
le cornacchie dai monti nel villaggio
e stavano sulla sommità dei tetti
però invano si allineava immagine
ad immagine per formare un racconto, ché
del tutto solo restava l’oscuro gorgogliare
della fontana e abbandonati se ne stavano
i luoghi con l’odore del freddo, dei
cavalli – sentivo mettergli la ferratura
nelle stalle, sentivo l’odore del fumo della
ramaglia bruciata, la coperta di nuvole ora
si strappava, ora si ricomponeva e così
se ne andavano i giorni, se ne andava l’anno
Michael Donhauser
da "Il latte nero del sambuco"
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