sabato 30 giugno 2018

Mattutino


dovrebbe insegnarci il silenzio,
quello del mattino è immenso
interrotto a tratti ma intimo;
nel dubbio risolviamo enigmi,
ci portiamo in palmo di mano eppure...
siamo ancora bimbi nel sole...
 
Gujil

 
 
Mattutino (dalla rete),

nella tradizione di preghiera della Chiesa cattolica, è il nome che si dava prima della riforma liturgica del Concilio Vaticano II a quella parte della Liturgia delle ore che oggi si chiama Ufficio delle letture.
Alcuni ordini religiosi monastici mantengono ancora la dicitura "mattutino". La Chiesa Ortodossa continua a celebrare il Mattutino come parte fondante dell'Ufficio divino quotidiano. L'origine di questo nome viene dal fatto che il mattutino si recitava molto presto di mattina o, in alcune famiglie monastiche, svegliandosi a metà della notte. Talvolta era recitato addirittura la sera prima, andando di fatto a costituire un ufficio di veglia (consuetudine ancora in uso nei paesi di tradizione slava).
Coloro che utilizzano il breviario tradizionale del 1962, antecedente dunque alla riforma liturgica, ancor oggi ammesso come Forma Straordinaria del rito romano, celebrano secondo l'antico schema: 
   
Invocazioni introduttive
(Domine labia mea aperies, Deus in adjutorium meum intende, Gloria Patri e Alleluia)
L'invitatorio,
costituito dal salmo 94 cantato nell'antica forma responsoriale e dunque interrotto più volte dal ripetersi di un'antifona che invita i fedeli a partecipare all'ufficio di lode al Signore.
L'Inno ecclesiastico,
che cambia a seconda del giorno della settimana, della ricorrenza del santorale nonché del tempo dell'anno.
I notturni.
È questa la parte più lunga di tutto l'ufficio, poiché si compongono ciascuno di una salmodia, un Pater con delle preghiere di assoluzione, tre letture bibliche o patristiche, ciascuna seguita da un suo proprio responsorio lungo.
Nel breviario di Pio X le ferie hanno un solo notturno di nove salmi, e prendono due letture dalla Sacra Scrittura e una dal Vangelo del giorno con commento di un Padre della Chiesa; le domeniche e le feste hanno tre notturni di tre salmi ciascuno, e prendono tre letture dalla Sacra Scrittura, tre dalla patristica e le ultime tre sono costituite dal Vangelo e dal commento di un Padre della Chiesa; le domeniche di Pasqua e Pentecoste hanno un solo notturno di soli tre salmi. Con tale ordinamento, nessun giorno ha più di 9 salmi in tutto; prima delle riforme di Pio X, il Mattutino era molto più lungo e nelle solennità arrivava ad avere anche 18 salmi.
L'Inno Te Deum,
cantato alla fine in ogni ufficio che non sia quello feriale, eccezion fatta per le domeniche di Settuagesima e Quaresima.
Il congedo (saluto e orazione)
sono generalmente omessi, perché immediatamente dopo l'Inno si inizia l'officiatura delle Laudi. Qualora così non fosse, si dice il congedo delle Laudi del giorno.
 

venerdì 29 giugno 2018

Tatutaggi d'Amore

D'amore
 
I
 
Oh, nessun giorno senza il doloroso
privilegio d’un fuggitivo incontro.
Al tuo occhio smarrito d’ogni parte
la città si moveva, delirando

le vie note, i marciapiedi cari
al tuo piede fanciullo ora dorati
dall’amore, l’estate era nell’aria.
Il tempo era venuto del distacco
senza che mai la selvatica donna
quetato avesse il suo timido sguardo.

II
Quanti giorni ormai senza il doloroso
momento che la città t’esprimeva
ventilata dal suo materno grembo,
la strada popolosa di sete

e tele estive che l’azzurro
commoveva di riflessi e di lampi...
 
Attilio Bertolucci
da Lettera da casa, 1951
 

I tatuaggi d'amore con frasi sono un bel modo per dichiarare il proprio sentimento al partner e al mondo intero, ma possono anche diventare un messaggio chiaro e forte di cosa vogliamo da un rapporto a due.  I tatuaggi d'amore con frasi romantiche, profonde, ma anche significative e che dimostrano come concepiamo noi questo nobile sentimento, possono dire molto delle persone che li sfoggiano sulla loro pelle (dalla rete).
 
Amore, parola grande, immensa,
forse non tutti sanno dirla,
qualcuno la dice fin troppo;
spropositatamente intensa, potente...

giovedì 28 giugno 2018

Poesia e riflesso

 
La luce, mutata
 

Non ci vediamo più nella stessa luce,
Non abbiamo più gli stessi occhi, le stesse mani.
L’albero è più vicino, e la voce delle fonti più viva,
I nostri passi sono più profondi, fra i morti.

Dio che non sei, posa la mano sulla nostra spalla,
Sgrossa il nostro corpo col peso del tuo ritorno,
Mescola compiutamente alle nostre anime gli astri,
Le selve, i gridi degli uccelli, le ombre e i giorni.

Rinuncia a te stesso in noi come un frutto si sfrange,
Cancellaci in te. Disvelaci
Il senso misterioso di ciò che è solo semplice
E sarebbe caduto senza fuoco in parole senza amore.
 
Yves Bonnefoy
Traduzione di : Maria Clelia Cardona
 

Gustav Courbet
"Seascape"

cambia la luce, col sole pieno, le nuvole,
mi manca la montagna ma non riesco,
mi mancano i colori ma non posso;
il blocco persiste ed insiste....

mercoledì 27 giugno 2018

Diritto all'allegria


"Il diritto all'allegria"
è l'opera testamento di Mario Benedetti, romanziere e poeta uruguaiano, figlio di immigrati italiani, spesso accostato a Octavio Paz e Pablo Neruda.
Una collezione di brevi testi che parlano di amore, esilio, politica, ateismo e molti altri temi Il diritto all’allegria (Nottetempo) dello scrittore uruguaiano Mario Benedetti, pubblicato nel 2007, due anni prima della morte, può essere considerato il suo testamento.
L’amore, l’esilio, la politica, l’ateismo, la semplicità: temi cari allo scrittore, sempre presenti nei suoi romanzi, sono qui affrontati con un taglio più personale.
Una breve sezione finale raccoglie aforismi e giochi di parole, dove l’autore fa emergere la sua ironia e difende il diritto all’allegria.
(dalla rete)

Ti amo
 
Le tue mani sono la mia carezza,
i miei accordi quotidiani
ti amo perché le tue mani
si adoperano per la giustizia
se ti amo è perché sei
il mio amore la mia complice e tutto
e per la strada fianco a fianco
siamo molto più di due

i tuoi occhi sono il mio esorcismo
contro la cattiva giornata
ti amo per il tuo sguardo
che osserva e semina il futuro
la tua bocca che è tua e mia
la tua bocca che non si sbaglia
ti amo perché la tua bocca
sa incitare alla rivolta
se ti amo è perché sei
il mio amore la mia complice e tutto
e per la strada fianco a fianco
siamo molto più di due
e per il tuo aspetto sincero
e il tuo passo vagabondo
e il tuo pianto per il mondo
perché sei popolo ti amo
e perché l’amore non è un’aureola
né l’ingenuo finale di una favola
e perché siamo una coppia
che sa di non essere sola
ti voglio nel mio paradiso
ossia quel paese
in cui la gente vive felice
anche senza permesso
se ti amo è perché sei
il mio amore la mia complice e tutto
e per la strada fianco a fianco
siamo molto più di due.
 
Mario Benedetti
 
L’ironia e la tenerezza, l’estro e la malinconia di Mario Benedetti, romanziere e poeta, figlio di immigrati italiani, trovano il loro culmine in questo libro pubblicato solo pochi anni prima della sua morte.
Composto di brevi testi in cui si alternano racconti e riflessioni, aforismi e giocose intemperanze della lingua, elogio della vita e ricognizione della morte, le minuzie di ogni giorno e le grandi domande inevase dell’esistenza, Il diritto all’allegria è una collezione dei temi, delle passioni e delle ossessioni dello scrittore uruguaiano, messaggi in bottiglia lanciati dalla “chiatta dell’utopia”.
 
io non so più se è amore,
quello che provo, che sento,
so che senza di te vedo il nulla
e questo mi basta, più non voglio...
 
“Abbiamo diritto all’allegria“
 scrive Benedetti,
A volte è fumo o nebbia o un cielo velato.
Ma dietro questi contrattempi c’è lei, in attesa.
Nell’anima c’è sempre una fessura a cui l’allegria
si affaccia con le pupille spalancate.
E allora il cuore si fa più vivace, abbandona la quiete ed è quasi uccello”.
Tra déi latitanti e rapaci padroni della terra, guerre e mercati, in mezzo all’assurdità di questo “millimetro di universo che ci è toccato in sorte”, Mario Benedetti irride ogni potere e salva quello che resiste: alberi, uccelli, stupori, i sentimenti che danno “colore al mondo”, la vertiginosa fragilità dell’essere umano, i piedi degli scalzi, le parole che respirano “all’aria aperta”, fuori dai dizionari.
E, non ultimo, l’irriducibile “diritto all’allegria”, malgrado tutto (dalla rete).
 
 
 

martedì 26 giugno 2018

Luce di Giugno

Giugno è il mese dedicato alla pienezza e alla vitalità: non a caso gli antichi Romani lo avevano consacrato alla dea Giunone, simbolo di abbondanza dei raccolti. In queste settimane il sole raggiunge lo zenit sul Tropico del Cancro, donando al nostro emisfero lunghe giornate di luce e raggi sempre più caldi.

Luce di giugno

La tua voce, nel chiaro mondo dei giorni di giugno,
mi ha chiamato da fuori la finestra. Stavi lì,
leggera ma composta, come nel giusto sguardo,
fisso e lieve, dell’estate incontestata tutte
le cose elevano le loro sembianze nell’aria intatta.

Il tuo amore pareva allora semplice e intero
come la pera appena colta che mi hai lanciato e il tuo viso
nitido come i puntini e le macchie sulla pelle della pera,
che son sempre promessa di buon vino, accanto a un fuoco
screziato, dalle forme più fatali di qualsiasi grazia umana.
 
E il tuo dono allegro – oh quando l’ho visto cadermi
tra le mani, attraverso tutta quella luce ingenua,
mi è sembrato benedetto dalla verità e da una gioia nuova
come dev’esser stato il primo, più grande, dono.

Richard Wilbur

Traduzione di Paola Loreto


 L’energia del sole ci infonde un’insolita vitalità, con tanta voglia di fare, di muoversi e di esporre la pelle all’aria.

Tuttavia l’epidermide non è ancora pronta per esposizioni prolungate e il nostro organismo,

naturalmente portato a un’intensa sudorazione, non sempre riceve il giusto apporto di sali minerali, con la possibilità di scompensi elettrolitici che possono mettere a rischio il tono muscolare, a cominciare da quello del cuore. dalla rete)


 Giugno ha la luce più intensa,

finisce la primavera, arriva l'estate;

mia madre è stata un frutto di  Giugno

mia madre mia manca terribilmente...


 


lunedì 25 giugno 2018

Latrine

All'aperto
 
L'uomo che sta accucciato nella vecchia latrina,
guarda il muro avanti a sé e vede
i piccoli grani di sabbia, sotto la mano di colore.
E dice l'uomo a se stesso che è ben vivo
poiché sa di guardar da uomo vivo quelle cose.
Così esce all'aperto, cosciente di sé e felice
entro una luce che poteva essere ben grigia un momento fa,
quand'egli ancora entrato non era
in quella vecchia latrina. Ben vivo
egli si sente, e nulla gli è più signore:
nessun uomo, nessuna cosa, nemmeno Dio.
Perciò cammina ed è padrone di tutto ciò che vede
e sente attorno a sé e lontano:
sia la distesa di campi, sia il bosco del barone
proprietario di pianure e di montagne;
sia la tana del topo, sia il gorgo impetuoso
del fiume che agguanta e annega un temerario
o sfortunato nuotatore;
e sia la nube del cielo e il sole e lo spazio
e tutto il passato e futuro giro del tempo.
 
Umberto Bellintani
da "E tu che m’ascolti", 1963
 
 
latrina
sostantivo femminile
[dal lat. latrina, contratto da lavatrina, der. di lavare «lavare»]
- TRECCANI -

 1. - Locale con impianto igienico per il soddisfacimento dei bisogni corporali; è in genere sinon. di ritirata, gabinetto, usato spec. in passato per indicare i locali igienici di uso pubblico o disposti in edifici di abitazione collettiva: l. pubbliche; le l. del collegio, della stazione, della caserma.
2.-  fig. Luogo sporco, lurido: questa stanza è una latrina; anche riferito, talvolta, a persona spregevole, turpe.

mi manca la sensazione di libertà,
mi manca anche il lavoro, troppo,
distante da me il silenzio conferma,
continua la lotta tra bene e male...

domenica 24 giugno 2018

Lampade


Quest’anno, cara, non c’è stata primavera;
Non canti sotto i fiori e non fiori leggeri,
Non risa e metamorfosi, né Aprile;
Non avremo intrecciato le ghirlande di rose.

Chini eravamo al chiarore delle lampade
Ancora, e su tutti i libri dell’inverno
Quando ci ha sorpreso un sole di settembre
Pavido e rosso e come anemone di mare.

Mi hai detto: “Guarda! Ecco l’Autunno.
Dunque, è stato un sonno il nostro?
Se dobbiamo vivere ancora
Tra questi in-folio, rischia di diventar monotono.

Forse, è fuggita ormai una primavera
Senza che la vedessimo apparire;
Perché in tempo parli a noi l’aurora,
Apri le tende delle finestre”.

 
Pioveva. Le lampade abbiamo ravvivato
Impallidite per quel sole rosso
E ci siamo rituffati nell’attesa
Della chiara primavera che è alle porte.
 
André Gide
traduzione di Roberto Rossi Precerutti

La lampada è uno strumento utilizzato al solo scopo dell'Illuminazione. Da un punto di vista più tecnico, le lampade sono sorgenti di radiazione incoerente, a differenza dei laser che sono invece sorgenti di radiazione perlopiù coerente(da Wikipedia).
 

ora sembra tutto normale,
l'odio, la noncuranza, l'indifferenza,
ci proclamiamo cristiani di comodo;
come a guardare un film in tv...

sabato 23 giugno 2018

Rosse labbra

XX.

Sappi - se qualche volta le tue rosse labbra
brucia invisibile atmosfera arroventata -
che l'anima che con gli occhi può parlare
anche con lo sguardo può baciare.
 
Gustavo Adolfo Bécquer
da "Rimas"
  
Stufa di lasciare macchie di rossetto su qualsiasi cosa tocchi? Se vuoi che le tue labbra appaiano rosse senza lasciare tracce sgradite, inizia a idratarle per portare alla luce il loro colore naturale. Per quei giorni in cui hanno bisogno di un tocco ulteriore di colore, potrai fare uso di un delicato rossetto preparato con succhi di frutti rossi o di barbabietole. Se vuoi che la tua bocca abbia sempre un bell'aspetto, applica una crema solare protettiva e un prodotto idratante, le tue labbra si mostreranno soffici e luminose anziché spente e screpolate (dalla rete).
 
faccio fatica, spesso, troppa fatica
a ricordare, a ricordarmi di tutto;
spesso confondo le labbra, i volti,
mi rammento le mani, quelle si...
 
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