Nominativi fritti e mappamondi
e l’arca di Noè fra duo colonne
cantavan tutti ‘Kyrieleisonne’
per la ’nfluenza de’ taglier mal tondi.
e l’arca di Noè fra duo colonne
cantavan tutti ‘Kyrieleisonne’
per la ’nfluenza de’ taglier mal tondi.
La luna mi dicea “Ché non rispondi?”.
E io risposi “I’ temo di Giansonne,
però ch’i’ odo che ’l dïaquilonne
è buona cosa a fare i cape’ biondi”.
Et però le testuggine e’ tartufi
E io risposi “I’ temo di Giansonne,
però ch’i’ odo che ’l dïaquilonne
è buona cosa a fare i cape’ biondi”.
Et però le testuggine e’ tartufi
m’hanno posto l’assedio alle calcagne,
dicendo:”Noi vogliàn che tu ti stufi”,
e questo sanno tutte le castagne:
perché al dì d’oggi son sì grassi e gufi
c’ognun non vuol mostrar le suo magagne.
dicendo:”Noi vogliàn che tu ti stufi”,
e questo sanno tutte le castagne:
perché al dì d’oggi son sì grassi e gufi
c’ognun non vuol mostrar le suo magagne.
E vidi le lasagne
andare a Prato a vedere il sudario,
e ciascuna portava lo ’nventario.
andare a Prato a vedere il sudario,
e ciascuna portava lo ’nventario.
Domenico Di Giovanni
detto "Il Burchiello"
aria fritta abbiamo detto,
di cose di stupida importanza;
il mio mappamondo è chiuso,
da tempo, da troppo tempo...
Parafrasi:
Nominativi fritti e mappamondi e l’arca di Noè fra due colonne cantavano tutti il Kyrie eleison sotto l’influsso dei piatti di portata piuttosto vuoti. La luna mi diceva “Perché non rispondi?” E io risposi: “Ho paura di Giasone (il capo degli Argonauti alla ricerca del Vello d’oro), perché sento dire che la pomata va bene per imbiondire i capelli”. Però le testuggini e i tartufi mi assediano standomi alle calcagna, dicendo “Vogliamo che tu ti stufi”. Ed è cosa nota a tutte le castagne, perché oggigiorno i gufi sono così grassi che nessuno vuol mostrare i propri difetti. E vidi le lasagne andare a Prato a vedere il Sudario (in realtà la Sacra Cintola), e ognuna portava l’inventario.
Nominativi fritti e mappamondi e l’arca di Noè fra due colonne cantavano tutti il Kyrie eleison sotto l’influsso dei piatti di portata piuttosto vuoti. La luna mi diceva “Perché non rispondi?” E io risposi: “Ho paura di Giasone (il capo degli Argonauti alla ricerca del Vello d’oro), perché sento dire che la pomata va bene per imbiondire i capelli”. Però le testuggini e i tartufi mi assediano standomi alle calcagna, dicendo “Vogliamo che tu ti stufi”. Ed è cosa nota a tutte le castagne, perché oggigiorno i gufi sono così grassi che nessuno vuol mostrare i propri difetti. E vidi le lasagne andare a Prato a vedere il Sudario (in realtà la Sacra Cintola), e ognuna portava l’inventario.
Domenico di Giovanni detto il Burchiello
(Firenze 1404 - Roma 1449), (diminutivo di ‘burchio’, barca tirata a rimorchio su fiumi o canali per trasporto di carichi alla rinfusa), di umilissima origine, è un barbiere non privo di cultura (iscritto all’Arte dei Medici e speziali, la stessa di Dante), nella cui bottega si riuniscono vari letterati, dalle simpatie antimedicee: per tale ragione nel 1434 è esiliato a Siena. Imprigionato per reati comuni, si trasferisce poi a Roma; ma, per la vita sregolata, finisce in miseria. I suoi sonetti caudati, affidati alla tradizione orale, sono accomunati nei manoscritti a quelli di seguaci e imitatori. Solo in parte si tratta di parodie dell’imperante petrarchismo o, sul modello dei poeti giocosi toscani, di descrizioni della propria vita miseranda. Ma la sua vena più originale è quella comico-realistica, travasata ingegnosamente in un mondo irreale e bizzarro.
(Firenze 1404 - Roma 1449), (diminutivo di ‘burchio’, barca tirata a rimorchio su fiumi o canali per trasporto di carichi alla rinfusa), di umilissima origine, è un barbiere non privo di cultura (iscritto all’Arte dei Medici e speziali, la stessa di Dante), nella cui bottega si riuniscono vari letterati, dalle simpatie antimedicee: per tale ragione nel 1434 è esiliato a Siena. Imprigionato per reati comuni, si trasferisce poi a Roma; ma, per la vita sregolata, finisce in miseria. I suoi sonetti caudati, affidati alla tradizione orale, sono accomunati nei manoscritti a quelli di seguaci e imitatori. Solo in parte si tratta di parodie dell’imperante petrarchismo o, sul modello dei poeti giocosi toscani, di descrizioni della propria vita miseranda. Ma la sua vena più originale è quella comico-realistica, travasata ingegnosamente in un mondo irreale e bizzarro.
Commento:
Il più famoso dei sonetti caudati del Burchiello appartiene alla serie dei cosiddetti sonetti “alla burchia” (come lui dice, ‘alla piratesca prendendo un po’ qui un po’ là, alla rinfusa’): un guazzabuglio di parole, di cose, di nomi, senza alcun nesso apparente, benché sempre attraversati, in controluce, da allusioni e doppi sensi osceni, come saranno quelli dei Canti carnascialeschi di Lorenzo il Magnifico, con effetti comici e bizzarri. (Qui, per esempio, mappamondi, l’arca di Noè fra duo colonne, taglier mal tondi, luna possono alludere a determinate parti del corpo). Il suo linguaggio, teatralmente declamatorio, fa ampio uso della metonimia, dell’ossimoro, del paradosso, con effetti di stralunata ilarità, che rendono originalissima la sua maniera, poi ampiamente imitata da molti poeti dei secoli successivi, fino al moderno nonsense di Edward Lear (1812 - 1888) e Lewis Carroll (1832 - 1898).
Scelta, parafrasi, commento e note di Gigi Cavalli (dalla rete).
Il più famoso dei sonetti caudati del Burchiello appartiene alla serie dei cosiddetti sonetti “alla burchia” (come lui dice, ‘alla piratesca prendendo un po’ qui un po’ là, alla rinfusa’): un guazzabuglio di parole, di cose, di nomi, senza alcun nesso apparente, benché sempre attraversati, in controluce, da allusioni e doppi sensi osceni, come saranno quelli dei Canti carnascialeschi di Lorenzo il Magnifico, con effetti comici e bizzarri. (Qui, per esempio, mappamondi, l’arca di Noè fra duo colonne, taglier mal tondi, luna possono alludere a determinate parti del corpo). Il suo linguaggio, teatralmente declamatorio, fa ampio uso della metonimia, dell’ossimoro, del paradosso, con effetti di stralunata ilarità, che rendono originalissima la sua maniera, poi ampiamente imitata da molti poeti dei secoli successivi, fino al moderno nonsense di Edward Lear (1812 - 1888) e Lewis Carroll (1832 - 1898).
Scelta, parafrasi, commento e note di Gigi Cavalli (dalla rete).
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