lunedì 6 febbraio 2017

Tsunami

Termine giapponese («onde sul porto») adottato internazionalmente come denominazione ufficiale di serie di onde provocate da qualsiasi evento in grado di muovere verticalmente una grande colonna d’acqua: movimenti tettonici sottomarini, eruzioni vulcaniche, frane, esplosioni o caduta di meteoriti.
In mare aperto le onde di uno tsunami si propagano in tutte le direzioni mantenendo inalterato il loro carico energetico, con una modesta altezza e un’elevata velocità che, dove la profondità è di 4-5000 m, può raggiungere gli 800 km/h.
Avvicinandosi alla terraferma, dove sono precedute da un improvviso fenomeno di bassa marea che lascia scoperto il fondale per decine di metri, le onde riducono la velocità per la diminuzione della profondità delle acque, ma poiché l’energia rimane costante, aumentano in altezza raggiungendo un livello massimo (run-up) di decine di metri e si abbattono come giganteschi muri d’acqua sulle coste.
La gravità degli effetti dipende anche da quanto la morfologia della costa, la configurazione del terreno e la vegetazione riescono a rallentare l’impeto dell’acqua.
A seguito dello tsunami originato dal terremoto del 1° aprile 1946 nelle Isole Aleutine, in Alaska, che colpì tutta la costa statunitense occidentale e raggiunse le Hawaii distruggendo la città di Hilo, nel 1948 gli Stati Uniti attivarono il Pacific tsunami warning system, confluito nel 1965 nell’International t. information center (ITIC), creato dall’Intergovernmental oceanographic commission dell’UNESCO.
Tra gli tsunami più devastanti vanno citati quello che si è verificato nell’Oceano Indiano nel dicembre 2004, che ha provocato circa 300.000 morti nel Sud-Est asiatico, e quello che ha colpito nel marzo 2011 la regione settentrionale del Giappone, devastando la costa nord-occidentale e provocando gravi danni alla centrale nucleare di Fukushima, con 14.949 morti accertate e 9880 dispersi (TRECCANI).

 

Tsunami

Quando
sull’arco del giorno si schiaccia la notte
e abbruna la linfa alle nostre membra sfatte

passa la mano dell’onda e subito
abbiamo tutti lo stesso nome

i giochi le reti gettate gli sguardi la compiacenza
il lungo, faticoso metterci in scena
                                               niente più appare

sotto il cielo ragnato da un inutile sole
come se il tempo si trovasse altrove

calma è soltanto la voce
nostra, che dice – in fondo noi
                                           lo sapevamo

 
vieni, riposa, voglio accarezzarti di buio,
buio sulla tua pelle, a piene mani
                                      ti accarezzo di buio
che renda cieca la voce.


Donata Berra
A memoria di mare
 
questo mare che sconvolge, affoga,
un mare che fa annaspare la vita;
le ansie costrette, le paure ancestrali,
dietro le imposte le speranze riposte...

 

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