Il mare brucia le maschere,
le incendia il fuoco del sale.
Uomini pieni di maschere
avvampano sul litorale.
le incendia il fuoco del sale.
Uomini pieni di maschere
avvampano sul litorale.
Tu sola potrai resistere
nel rogo del Carnevale.
Tu sola che senza maschere
nascondi l'arte d'esistere.
nel rogo del Carnevale.
Tu sola che senza maschere
nascondi l'arte d'esistere.
Giorgio Caproni
La critica distingue lo svilupparsi di due o tre “tempi” nella poesia di Caproni. I tre tempi sono quello macchiaiolo, carducciano, condizionato dall’ermetismo, aperto anche alla sperimentazione narrativa, che riguarda le prime tre raccolte; quello dell’accensione lirica e della ricerca della forma in modi quasi neoclassici di Cronistoria e de Il passaggio d’Enea; quello della scarnificazione e sliricizzazione della forma poetica, ovvero della ricerca della “massima semplicità possibile”. Così dice lo stesso Caproni:
“C’è stato un movimento, se si può dire, a fuso, ‘fusolarè: ero partito da una scarnificazione ancora di carattere impressionistico, macchiaiolo, che pian piano si è amplificata e gonfiata nel poemetto, nell’endecasillabo, nel sonetto: finché, poi, forse anche per il trauma della guerra, mi è venuta la saturazione di quelle forme, troppo ampie, e allora ecco il bisogno di tornare alla massima semplicità possibile. Il rumore della parola, a un certo punto, ha cominciato a darmi terribilmente fastidio”...
“L’unica ‘linea di svolgimento’ che vedo nei miei versi, è la stessa ‘linea della vita’: il gusto sempre crescente, negli anni, per la chiarezza e l’incisività, per la ‘franchezza’, e il sempre crescente orrore per i giochi puramente sintattici o concettuali, per la retorica che si maschera sotto tante specie, come il diavolo, e per l’astrazione dalla concreta realtà. Una poesia dove non si nota nemmeno un bicchiere o una stringa, m’ha sempre messo in sospetto. Non mi è mai piaciuta: non l’ho mai usata nemmeno come lettore. Non perché il bicchiere o la stringa siano importanti in sé, più del cocchio o di altri dorati oggetti: ma appunto perché sono oggetti quotidiani e nostri”. In questo modo la sintassi si riduce all’essenziale, mentre gli oggetti, i dettagli prendono evidenza. La punteggiatura stessa assume una sua valenza in funzione ritmica, servendo più a scandire il verso che a pausare ed armonizzare. Elementi fondamentali sono a questo punto la rima, l’assonanza, l’allitterazione. (dalla rete).
“L’unica ‘linea di svolgimento’ che vedo nei miei versi, è la stessa ‘linea della vita’: il gusto sempre crescente, negli anni, per la chiarezza e l’incisività, per la ‘franchezza’, e il sempre crescente orrore per i giochi puramente sintattici o concettuali, per la retorica che si maschera sotto tante specie, come il diavolo, e per l’astrazione dalla concreta realtà. Una poesia dove non si nota nemmeno un bicchiere o una stringa, m’ha sempre messo in sospetto. Non mi è mai piaciuta: non l’ho mai usata nemmeno come lettore. Non perché il bicchiere o la stringa siano importanti in sé, più del cocchio o di altri dorati oggetti: ma appunto perché sono oggetti quotidiani e nostri”. In questo modo la sintassi si riduce all’essenziale, mentre gli oggetti, i dettagli prendono evidenza. La punteggiatura stessa assume una sua valenza in funzione ritmica, servendo più a scandire il verso che a pausare ed armonizzare. Elementi fondamentali sono a questo punto la rima, l’assonanza, l’allitterazione. (dalla rete).
il mare ora tornerà tranquillo,
i passi sempre più radi,
le onde sempre più sole;
il mare si tranquillizzerà...
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