lunedì 16 novembre 2015

Pondo

Orrore
 
Conosci tu dell’infinito il pondo
E l’angoscia mortal? sai tu l’orrore
Di quel mar senza fine e senza fondo
Ove in eterno s’inabissan l’ore,
E si frangon l’età? l’atro, profondo,
Gelido ciel conosci ove il clamore
E la dipinta vanità del mondo
Come una nebbia si dilegua e muore?
Conosci tu lo strazio e l’agonia
D’un pugnace pensier che oppresso e franto
Risorge senza fin? sai tu che sia
Questo sentirsi sempre nella mente,
Sempre nel cor di tutti i vivi il pianto
E il gran silenzio della morta gente?
 
Arturo Graf

 
 pòndo
sostantivo maschile
[dal lat. pondus -dĕris, affine a pendĕre «pesare»]. 
- TRECCANI -
 
1. 
 a. - Peso, sensazione di peso, e la cosa stessa che pesa: quell’ombre ... andavan sotto ’l pondo, Simile a quel che talvolta si sogna (Dante); determinando, oppure valutando approssimativamente la misura del peso: Piglia una grossa pietra e di gran pondo (Ariosto).
b. - Frequente, nel linguaggio poetico, per indicare il corpo, la parte materiale dell’uomo, soprattutto in contrapposizione all’anima: il pondo mortale o il mortal pondo; Chi sei tu che sostenti A me questo vetusto Pondo, e l’animo tenti Prostrarmi a terra? (Parini). 
 c. - figurato. Fatica, impegno gravoso, che comporta obblighi e responsabilità: tanto stimorono la virtù e la bontà di Cammillo che ... rimettevano in lui tutto il pondo di quella republica (Machiavelli); sentire il grave pondo dell’ufficio, della carica (talvolta scherzoso). Con altro senso figurato, di gran pondo, di grande importanza.
 
2.
- antico. Stimolo continuo e doloroso ad andar di corpo, accompagnato da un senso di pesantezza d’intestino; e male del pondo, o più spesso al plurale male dei pondi, mal di pondi fu detta la dissenteria (anche assol.: avere i pondi).
 
 
Parigi nel cuore,
non sono solo parole;
una città che amo colpite,
una città triste e ferita...

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