Assonanze
Eccoti qui a riempire la giornata
di cose e di rammendi
da fare tra ferita e ferita
aspettando che finisca l'attesa
che arrivi la sorpresa d'un avviso
l'offerta d'una mano per carezzarti il viso
la voce d'un umano.
E la sera trascorre
per giungere alla sfera
del silenzio
nel tempio.
Lucio Mariani
Eccoti qui a riempire la giornata
di cose e di rammendi
da fare tra ferita e ferita
aspettando che finisca l'attesa
che arrivi la sorpresa d'un avviso
l'offerta d'una mano per carezzarti il viso
la voce d'un umano.
E la sera trascorre
per giungere alla sfera
del silenzio
nel tempio.
Lucio Mariani
Alla destra del mondo
diapason naturali
risuonano in testa
come corde d'arpa
o come ottoni;
la dinamica incalza
e la fatica aumenta...
L'assonanza (da assonare, nel senso di «avere suono simile») è un fenomeno di metrica che consiste nella parziale identità di suoni di due o più versi.
La forma più comune di assonanza è una rima imperfetta in cui le parole hanno le stesse vocali a partire dalla vocale accentata (vocale tonica), mentre le consonanti sono diverse, anche se spesso di suono simile, ma si possono distinguere diverse tipologie:
assonanza semplice, quando coincidono soltanto le vocali (diffidi = audivi; rasone/colore)
assonanza della sola tonica, quando coincide solo la vocale accentata (pieta/demandava)(puma/luna)
assonanza atona, quando coincide la vocale non accentata (limo/toro) o la sillaba non accentata (mare/sere).
consonanza tonica (o assonanza consonantica), quando coincidono le consonanti (partire = splendore; colle = elle).
L'assonanza è praticata soprattutto nelle canzoni popolari e nei proverbi (Aprile, dolce dormire), ma anche nelle opere più antiche della poesia romanza: le strofe di cui è costituita la Chanson de Roland, dette lasse, erano spesso assonanzate, e si possono trovare assonanze in alcune composizioni dei trovatori, così come nei più antichi testi spagnoli.
L'assonanza è impiegata spesso nella poesia del Novecento al posto della rima, ed è frequente nel linguaggio della pubblicità.
Talvolta accade che dei neologismi siano creati per semplice assonanza e non per derivazione etimologica. Il caso più recente quello del suffisso -poli, che deriva dalla parola greca pólis che vuol dire città. Questo suffisso, dal cosiddetto periodo denominato Tangentopoli, (letteralmente la città e, per estensione, il mondo, delle tangenti) viene utilizzato per indicare casi di corruzione o scandalo (vallettopoli, bancopoli, calciopoli ecc), erroneamente perché ad esempio vallettopoli letteralmente significa città delle vallette. Lo stesso fenomeno era accaduto, per gli scandali politici, dopo il caso del Watergate (cia gate, sexy gate, Iran gate ecc.).
da wikipedia
Nessun commento:
Posta un commento