giovedì 19 marzo 2015

Ancora silenzio



Come il silenzio trapassa
in un ronzio sotto la fronte,
così l'appartamento alla chetichella
è diventato proprietà
di mediocri oggetti da regalo.
Nel loro museo immaginario
nessuno gli ha assegnato un posto:
ci sono sempre stati;
qui si ergevano, foderati
di una paziente asfissia,
lasciati dal riflusso
di una festosa onda svanita.
E alla parete una foglia autunnale
turbina sul normografo.
L'aria pesante è zuccherina,
ma in essa non c'è delizia.

Michail Ajzenberg
traduzione di
Paolo Galvagni

 
 
già, il silenzio, molte volte,
troppo a volte;
attimi insensati e vuoti,
fatti di gelo e amarezza,
sempre nel silenzio...
 
Il silenzio non ci manca, perché lo abbiamo. Il giorno in cui ci mancasse, significherebbe che non abbiamo saputo prendercelo. Tutti i rumori che ci circondano fanno molto meno strepito di noi stessi. Il vero rumore è l'eco che le cose hanno in noi. Non è il parlare che rompe inevitabilmente il silenzio. Il silenzio è la sede della Parola di Dio, e se, quando parliamo, ci limitiamo a ripetere quella parola, non cessiamo di tacere.
I monasteri appaiono come i luoghi della lode e come i luoghi del silenzio necessario alla lode.
Nella strada, stretti dalla folla, noi disponiamo le nostre anime come altrettante cavità di silenzio dove la Parola di Dio può riposare e risuonare. In certi ammassi umani dove l'odio, la cupidigia, l'alcool segnano il peccato, conosciamo un silenzio di deserto e il nostro cuore si raccoglie con una facilità estrema perché Dio vi faccia squillare il suo nome: «Vox clamans in deserto». (Madeleine Delbrêl, dalla rete)

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