mercoledì 4 febbraio 2015

Giovanni Raboni

Io che ho sempre adorato le spoglie del futuro
e solo del futuro ho nostalgia,
mai del passato,
ricordo adesso con spavento
quando alle mie carezze smetterai di bagnarti,
quando dal mio piacere
sarai divisa e forse per bellezza

d'essere tanto amata o per dolcezza
d'avermi amato
farai finta lo stesso di godere.

Giovanni Raboni
Canzonette mortali


Giovanni Raboni (Milano, 22 gennaio 1932 – Fontanellato, 16 settembre 2004) è stato un poeta, scrittore e giornalista italiano appartenente alla "generazione degli anni Trenta", insieme ad alcuni dei più conosciuti nomi della letteratura italiana.
 Giovanni Raboni nacque a Milano il 22 gennaio 1932, secondogenito di Giuseppe, impiegato come funzionario al Comune di Milano, e Matilde Sommariva proveniente da una famiglia portata verso il mondo artistico. In famiglia riceve un'educazione cattolica.
Nel 1938 venne iscritto presso la Scuola elementare "Cardinale F. Borromeo" che frequenta fino alla terza per passare poi all'"Istituto Gonzaga" di via Vitruvio già frequentata dal fratello Fulvio. Nell'ottobre del 1942, in seguito al primo bombardamento diurno su Milano, il padre condusse la famiglia a Sant'Ambrogio Olona, una bella frazione distante circa un chilometro da Varese, dove Giovanni frequenterà la quinta elementare.
Nel 1943, per frequentare la scuola media, Giovanni avrebbe dovuto recarsi a Varese, ma il padre preferisce che studi privatamente a Sant'Ambrogio visti i pericoli della guerra ancora in corso. Sono questi anni sereni, pur nella consapevolezza di quanto stava accadendo, e di grandi letture grazie alla passione del padre per la letteratura europea dell'Ottocento, soprattutto per la narrativa russa e francese. In questi anni legge Proust, Dickens, Dostoevskij e quando il cugino Giandomenico Guarino, attento lettore della narrativa e poesia contemporanea, si rifugia a Sant'Ambrogio dopo l'8 settembre, Giovanni inizia a leggere Piovene, Buzzati, Ungaretti, Quasimodo, Cardarelli e Montale del quale il poeta dice: « So di dover molto a Montale, me ne accorgo quando lo rileggo, anche se non è stato un autore da me amato quanto Eliot e Sereni, ma ha agito eccome... soprattutto l'espressione dei limiti, il fatto che non si possono avere troppe pretese nel Novecento per la poesia come fonte di verità » (Giovanni Raboni [1]) Il padre sceglieva i libri per la famiglia prestando attenzione alle novità dell'editoria ed era riuscito anche a procurarsi una copia clandestina di Americana, l'antologia curata da Elio Vittorini che nel 1941 era stata sequestrata dalla censura fascista per poi essere ripubblicata nel 1942 da Bompiani, pur con l'eliminazione di molte note critiche. In questo periodo anche la musica lo appassionava e aveva iniziato, anche per desiderio della madre, a studiare il pianoforte, studio che però dovette interrompere a causa dello sfollamento. Subito dopo la Liberazione la famiglia di Giovanni ritornò a vivere a Milano e nell'autunno del 1945 il giovane verrà iscritto al liceo Parini che però frequenterà in modo saltuario e che abbandonerà, insieme all'amico Arrigo Lampugnani, per iscriversi, in terza liceo, al "Carducci" che frequenterà per poco tempo. Arrigo Lampugnani, insieme a Bianca Bottero sua futura moglie, erano stati suoi compagni di classe nel 1947, anno di prima Liceo. Nel 1948, a casa dell'amico Lampugnani, conoscerà Vittorio Sereni al quale lo legherà una profonda amicizia.
Continuano intanto le letture di importanti scrittori, come Hemingway, Steinbeck, Faulkner, Saroyan, che venivano pubblicati in quegli anni tradotti dall'editoria italiana. Non smetterà inoltre di leggere sistematicamente i poeti italiani contemporanei che in quegli anni pubblicarono molte tra le loro più significative opere e continuerà a leggere Vittorini e a scoprire le importanti riviste dell'epoca come Il Politecnico, Costume, diretta da Carlo Bo, La Rassegna d'Italia, Società e soprattutto le riviste politico-culturale di sinistra. Nacque in questo periodo anche la passione per il cinema e iniziò così a frequentare con il fratello Fulvio, utilizzando le tessere omaggio della Segreteria generale del Comune, le sale cinematografiche e nel 1946 ebbe l'opportunità di partecipare al "Festival internazionale 50 anni del cinema. Sempre in questi anni sviluppò anche l'amore per la musica riuscendo ad ascoltare dal vivo opere indimenticabili grazie ai "Concerti sinfonici di primavera per l'Anno Santo 1050". Nel 1949 parteciperà ai "Concorsi studenteschi di poesia e novellistica e pittura e disegno" e verrà premiato al "Teatro della Basilica" con Poesia per Bianca da una commissione composta da autorevoli letterati come Carlo Bo, Angelo Romanò, Davide Turoldo, Orio Vergani. Nel 1950, preparatosi da privatista, sostenne con l'amico Lampugnani gli esami di maturità al liceo Carducci e tra agosto e settembre si recherà con il padre a Venezia per una breve vacanza. Nell'autunno si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza e iniziò a frequentare Anna Bottero studentessa alla facoltà di architettura. Saranno questi per Giovanni anni felici durante i quali, libero dalla costrizione liceale, si sentirà finalmente libero. Continuerà ad esercitarsi nelle prove poetiche e a frequentare i teatri, il cinema e le sale da concerto. Completati nei primi anni del dopoguerra gli studi di giurisprudenza, si dedica per qualche anno alla professione di avvocato. Inizia a lavorare nel mondo giornalistico, professione che a fasi alterne lo vedrà collaborare a periodici e quotidiani, dapprima come segretario di redazione della rivista diretta da Enzo Paci aut aut, poi scrivendo per Quaderni Piacentini di Piergiorgio Bellocchio e Paragone di Roberto Longhi, infine per il Corriere della Sera, al quale rimarrà legato per molto tempo, senza mai però abbandonare la sua vena poetica. Al centro di tutta l'opera di Raboni è Milano e la città continuò ad essere fino all'ultimo la protagonista della sua opera. « ... Eh sì, il Naviglio è a due passi, la nebbia era più forte/ prima che lo coprissero, la piazza/ piena di bancarelle con le luci/ a acetilene, le padelle nere/ delle castagne arrosto, i mangiatori/ di chiodi e di stoviglie/ non era certo un posto da passarci/ insieme a una ragazza. Ma così/ come hanno fatto, abbattere case,/ distruggere quartieri, qui e altrove/ (la Vetra, Fiori Chiari, il Bottonuto),/ a cosa serve?...[2] » Nel 1958 si sposa con Bianca Bottero, madre dei suoi tre figli: Lazzaro, Pietro e Giulia. Nel 1961 pubblica due brevi raccolte di poesie, Il catalogo è questo e L'insalubrità dell'aria alle quali faranno seguito Le case della Vetra nel 1966, Cadenza d'inganno nel 1975, Nel grave sogno nel 1982 e nel 1988 l'importante volume antologico di testi editi e inediti A tanto caro sangue. Nel 1969 conobbe, in casa di Angelo Maria Ripellino, la slavista Serena Vitale. L'anno successivo i due iniziarono una lunga convivenza che sfociò nel matrimonio del 1979.[3] Le nozze durarono però appena due anni, perché Raboni si unì sentimentalmente alla poetessa veneta Patrizia Valduga. Negli anni settanta Raboni assume anche la direzione editoriale della collana di poesia "I quaderni della Fenice" per la casa editrice Guanda svolgendo una funzione importante per la poesia italiana di quegli anni, quella di talent-scout, permettendo così a decine di giovani autori di farsi conoscere spesso per la prima volta. Tra i suoi saggi di critica letteraria vi sono Poesia degli anni sessanta del 1968, Quaderno in prosa del 1981.
Il volume La fossa di Cherubino del 1980 raccoglie tutte le sue prose narrative. Raboni con Giacomo Manzoni Raboni entra nel comitato direzionale del Piccolo Teatro di Milano, scrive svariati testi teatrali tra i quali Alcesti o la recita dell'esilio, che viene accolto molto bene sia dalla critica sia dal pubblico e, nella sua molteplicità d'interessi, continua a scrivere poesie tra le quali Canzonelle mondi nel 1985, Versi guerrieri e amorosi nel 1990, Ogni terzo pensiero nel 1993 (con la quale vince il Premio Viareggio per la poesia), Quare tristis nel 1998 e Barlumi di Storia nel 2002.
Una delle sue ultime composizioni è la nota Canzone del danno e della beffa, pubblicata postuma dal Corriere della Sera nel novembre del 2004.[4] L'intera produzione poetica nel 1997 verrà raccolta in Tutte le poesie 1951-1993.
Raboni ottenne durante la sua carriera letteraria numerosi premi. Oltre il già citato Premio Viareggio gli venne assegnato nel 2002 il premio Moravia per il corpus delle sue intere opere e nel 2003 aveva ricevuto il premio Librex Montale. Nei due anni prima della morte aveva fatto parte della giuria dei premi Mondello e del premio Bagutta. Giovanni Raboni muore il 16 settembre 2004 a Fontanellato in seguito ad un attacco cardiaco nella convinzione che la morte, nella sua inesorabile fatalità, bisogna attenderla con sereno distacco, come scrive nei versi conclusivi della sua ultima opera, Barlumi di storia [5]. « "Si farà una gran fatica, qualcuno / direbbe che si muore / ma a quel punto /ogni cosa che poteva succedere / sarà successa e noi / davanti agli occhi non avremo / che la calma distesa del passato /... ./ E tutto, anche le foglie che crescono, / anche i figli che nascono / tutto, finalmente, senza futuro". » La sua ultima compagna, con lui dal 1981 alla morte di Raboni, la poetessa Patrizia Valduga, ha scritto la postfazione alla sua ultima raccolta poetica, dal titolo Ultimi versi, edita postuma nel 2006 (da Wikipedia).
  
nel dubbio, nei ma,
correre come una cometa,
il cielo si squarcia a volte,
torniamo tra noi...

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