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Prima versione |
L'isola dei morti
(in tedesco, Die Toteninsel) è il più noto dipinto del pittore simbolista svizzero Arnold Böcklin (1827-1901).
Böcklin dipinse diverse versioni del quadro fra il 1880 e il 1886.
L'opera fu estremamente popolare all'inizio del XX secolo e affascinò personaggi come Sigmund Freud, Lenin, Georges Clemenceau, Salvador Dalí e Gabriele D'Annunzio. Adolf Hitler ne possedeva una versione originale, acquistata nel 1936.
Tutte le versioni del dipinto raffigurano un isolotto roccioso sopra una distesa di acqua scura. Una piccola barca a remi, condotta da un personaggio a poppa, si sta avvicinando all'isola.
A prua ci sono una figura vestita interamente di bianco e una bara bianca ornata di festoni.
L'isolotto è dominato da un bosco fitto di cipressi, associati da lunga tradizione con i cimiteri e il lutto, circondato da rupi scoscese.
Nella roccia sono presenti quelli che sembrano essere portali sepolcrali. L'impressione complessiva è quella di uno spettacolo di desolazione immerso in un'atmosfera misteriosa e ipnotica.
Arnold Böcklin non ha fornito alcuna spiegazione pubblica circa il significato del suo dipinto, anche se l'ha descritto come "un'immagine onirica: essa deve produrre un tale silenzio che il bussare alla porta dovrebbe fare paura".
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Seconda versione |
Il titolo, che gli è stato dato dal mercante d'arte Fritz Gurlitt nel 1883, non è stato specificato da Böcklin, anche se deriva da una frase scritta in una lettera inviata nel 1880 ad Alexander Günther, che aveva commissionato l'opera.
Non conoscendo la storia delle prime versioni del dipinto, molti critici d'arte hanno interpretato il vogatore come una rappresentazione di Caronte, che nella mitologia greca conduceva le anime agli inferi.
L'acqua dovrebbe quindi essere il fiume Stige o il fiume Acheronte, e il passeggero vestito di bianco un'anima recentemente scomparsa in transito verso l'aldilà.
Il quadro evoca, in parte, il Cimitero degli Inglesi a Firenze, dove vennero dipinte le prime tre versioni. Il cimitero era vicino allo studio di Böcklin e fu anche il luogo dove sua figlia Maria venne sepolta (Böcklin perse otto dei suoi quattordici figli).
Quale sia stato il modello per l'isolotto roccioso è fonte di dibattito fra i critici d'arte: secondo alcuni fu l'isola di Pontikonissi, vicino Corfù, una piccola isola adornata da una cappella in mezzo a un boschetto di cipressi; secondo altri Capri e i suoi faraglioni, o il castello aragonese di Ischia.
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Terza versione |
È tuttavia da evidenziare, come anche lo stesso pittore elvetico non abbia mai dichiarato espressamente a quale luogo si fosse ispirato per dipingere il quadro e nemmeno se il quadro fosse stato dipinto dal vivo o se la sua realizzazione sia stata effettuata a partire da una incisione o dipinto di altro artista. Ultime più recenti ricerche sembrano ricollegare l'isola dei morti all'Isola di San Giorgio (chiamata dai montenegrini isola dei morti), davanti le coste perastine presso le Bocche di Cattaro, nell'attuale Repubblica del Montenegro.
Quest'isola, ospita infatti una chiesetta e un camposanto di costruzione veneziana, così come il quadro dipinto dall'artista. Böcklin dipinse cinque versioni dell'isola dei morti dal 1880 al 1886. L'artista completò la prima versione del dipinto nel maggio 1880 per Alexander Günther, ma la tenne per sé stesso.
Nel mese di aprile del 1880, a Firenze, Böcklin venne visitato da Marie Berna.
La donna fu talmente colpita dalla prima versione del quadro (ora esposta al Kunstmuseum di Basilea) che chiese a Böcklin di realizzarne una copia per lei (ora al Metropolitan Museum di New York).
Su richiesta di Berna, Böcklin aggiunse nella seconda versione la figura bianca e la bara, un'allusione alla recente scomparsa del marito. Successivamente, l'artista aggiunse questi due elementi anche alla cosiddetta prima versione, chiamando entrambe le opere Die Gräberinsel ("L'isola dei sepolcri").
La terza versione fu dipinta nel 1883 per Fritz Gurlitt.
A partire da questa versione, una delle camere sepolcrali nella roccia sulla destra porta le lettere "AB", le iniziali di Arnold Böcklin. Nel 1933 questa versione venne acquistata da un noto ammiratore di Böcklin, Adolf Hitler.
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Quarta versione |
Hitler collocò il quadro prima al Berghof, sull'Obersalzberg, e, nel 1940, nella cancelleria del Reich a Berlino.
Esiste una celebre fotografia che ritrae Hitler nel suo studio insieme al ministro degli esteri sovietico Molotov e al ministro degli esteri tedesco Ribbentrop, scattata subito dopo la firma del patto di non aggressione russo-tedesco del 1939, nella quale si vede il quadro appeso al muro alle spalle del dittatore.
Nel maggio 1945 l'opera venne sequestrata dall'Armata Rossa come "bottino di guerra" e spedita in Russia. Successivamente tornò a Berlino e oggi è esposta presso l'Alte Nationalgalerie della capitale tedesca.
Il bisogno di denaro portò alla realizzazione di una quarta versione, nel 1884, che venne acquistata dal collezionista d'arte Heinrich Thyssen-Bornemisza e appesa nella sede della Berliner Bank. Questa versione è andata distrutta a Berlino durante la seconda guerra mondiale e ne resta solo una foto in bianco e nero.
Una quinta versione venne commissionata nel 1886 dal Museum der bildenden Künste di Lipsia, dove si trova tuttora.
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Quinta versione |
Le cinque versioni
1.- Olio su tela, 111 x 115 cm, maggio 1880: Collezione di arte pubblica (Öffentliche Kunstsammlung) presso il Kunstmuseum di Basilea.
2.- Olio su tavola, 74x122 cm, giugno 1880: Metropolitan Museum di New York, fondo Reisinger.
3.- Olio su tavola, 80x150 cm, 1883: Alte Nationalgalerie, presso i Musei statali di Berlino.
4.- Olio su rame, 81 x 151 cm, 1884: distrutto a Berlino durante la seconda guerra mondiale.
5.- Olio su tavola, 80x150 cm, 1886: Museum der bildenden Künste di Lipsia.
Vividi
I morti sono furfanti che fingiamo di amare.
I loro visi di cera un rimprovero severo.
Impariamo i loro segreti con disgusto:
le loro azioni li rendono cattivi
almeno come noi – anche peggio visto
che sono morti e noi vivi e possiamo migliorare.
I morti sono furfanti che fingiamo di amare.
Sono morti volutamente, per dispetto
succhiandoci la linfa per la loro arsura.
Vestiamo le loro colpe di virtù irreali
soltanto per farli stare al loro posto
là dove devono, a una giusta distanza.
I morti sono furfanti che fingiamo di amare
benché a volte li sentiamo parlare
esattamente come ci parlarono,
e li vediamo sorridere come un tempo sorrisero,
con i capelli vividi che avevano in vita.
Traduzione di Antonella Anedda
Jamie McKendrick
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Arnold Böcklin. L'isola dei morti,
olio su tela, 1880-1886 |
dove sono e
cosa fanno?
cosa faremo
e saremo?
un fiore
per parlare
basterebbe
un bianco asfodelo...