Mobile costituito da un piano orizzontale e adibito a diverse funzioni (quello da pranzo, attorno al quale ci si siede per consumare i pasti, è detto preferibilmente tavola). L’uso del t. è assai antico nel mondo greco-romano e negli ambiti più diversi: del culto, dell’industria e commercio, della vita domestica. La forma più antica di t. pare di provenienza greca, rettangolare, su tre piedi, diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo. Molto frequente in Grecia, da dove passò a Roma, era un t. a gamba centrale divisa in tre parti, detto mensa delphica, forse derivante dal tripode delfico. Molta fantasia appariva nella forma dei supporti, generalmente a zampe d’animale, ma anche con figure umane; la fascia che nascondeva l’attacco delle gambe al t. era spesso riccamente ornata. Questi t. erano di legno, di marmo, di bronzo. In Egitto e in Babilonia era anche in uso un tipo, generalmente rettangolare, a quattro zampe. Da questo derivò il ricco t. in uso specialmente a Roma, con le gambe riunite a due a due, molto ornate, e anche il t. a gambe incrociate in uso in Egitto e soprattutto a Roma, in genere di legno o di marmo. Quelli di legno raro, thuia o cedro, erano detti mensae citreae, ed erano arricchiti da piedi d’avorio, d’oro, d’argento, di rame argentato, di bronzo e incrostati di pietre preziose. Fino al 14° sec. il t. fu ridotto agli elementi essenziali; era generalmente coperto da tovaglia o tappeto, e veniva smontato e riposto dopo il pasto; consisteva di un asse nudo e stretto, posato su sostegni, per lo più tre. Nel 14° sec. vennero in uso t. muniti di due ritti quadrangolari, terminanti, in basso, in un doppio piede a forma di mensola rovesciata. In seguito, il t. ebbe forme sempre più ricercate, adeguandosi agli stili del tempo: nel Rinascimento, le gambe furono finemente scolpite (a zampa di leone, a chimera, a foglia d’acanto), o ebbero forma architettonica (a balaustro). Particolarmente ornati furono i t. non da mensa, ma ornamentali, che ebbero svariatissime forme, caratteristiche per ogni regione. Fra i più sontuosi quelli con il piano a intarsi di ebano e avorio, o di pietre dure ecc. Si fecero anche t. di marmo o di pietra. Nel periodo barocco la ricerca di effetti cromatici, sia in pittura, sia mediante applicazioni di materie diverse, si sviluppò in forme ricche e fantasiose. In Inghilterra nel 18° sec. furono inventate molte forme nuove di t.: a cancello, con le zampe incernierate, di cui una metà gira sull’altra mentre anche il piano, diviso in due metà, si ribalta; a nido, con una serie di tavolini di misura decrescente che possono trovar posto l’uno dentro l’altro ecc. In Francia si ebbe una tipologia assai varia, dai grandi tavoli con piano di cuoio e rivestimenti di bronzo dorato (tables ministère), ai piccoli tavolini con un cassetto e zampe a liuto detti guéridons, ai piccoli tavoli da notte detti bonheur du jour ecc. Anche in Italia si hanno norme e tipologie diverse, dallo scrittoio alla scrivania al leggio, al tavolo tondo, ovale ecc. Per influenza orientale, nell’arredamento occidentale è entrato, al principio del 20° sec., il t. basso solitamente collocato davanti a divani o poltrone (enciclopedia TRECCANI).
Sul tavolo
Ci terrei a precisare che ho comprato
questa tovaglia
con il suo semplice disegno ripetitivo
di fiori viola scuro non menzionati
da alcun botanico
perché mi ricorda quel vestito stampato
che indossavi
l’estate che ci siamo conosciuti (un vestito
– hai sempre sostenuto –
che non ti ho mai detto che mi piaceva).
Be’, mi piaceva, sai. Mi piaceva.
Mi piaceva un sacco, che ci fossi tu dentro
oppure no.
Come è potuto uscirsene così in silenzio
dalla nostra vita?
Detesto (proprio detesto) l’idea di qualche
altro sedere
che faccia svolazzare a sinistra e a destra
quelle pesanti corolle.
Detesto ancor più immaginarmelo sgretolarsi
in una discarica
o fatto a brandelli – un pezzo qui che pulisce
un’astina dell’olio
un pezzo là intorno a una crepa in un tubo
di piombo.
È passato tanto tempo ormai, amore mio,
tanto tempo,
ma stanotte proprio come la nostra prima
notte sono qua,
la testa leggera tra le mani e il bicchiere
pieno,
che fisso i grossi petali sonnolenti fino
a quando si mettono in moto,
amandoli ma con il desiderio di sollevarli,
di schiuderli,
persino di farli a pezzi, se questo è quanto
ci vuole per arrivare
alla tua bellissima pelle, desiderosa,
calda, candida come la luna.
Ci terrei a precisare che ho comprato
questa tovaglia
con il suo semplice disegno ripetitivo
di fiori viola scuro non menzionati
da alcun botanico
perché mi ricorda quel vestito stampato
che indossavi
l’estate che ci siamo conosciuti (un vestito
– hai sempre sostenuto –
che non ti ho mai detto che mi piaceva).
Be’, mi piaceva, sai. Mi piaceva.
Mi piaceva un sacco, che ci fossi tu dentro
oppure no.
Come è potuto uscirsene così in silenzio
dalla nostra vita?
Detesto (proprio detesto) l’idea di qualche
altro sedere
che faccia svolazzare a sinistra e a destra
quelle pesanti corolle.
Detesto ancor più immaginarmelo sgretolarsi
in una discarica
o fatto a brandelli – un pezzo qui che pulisce
un’astina dell’olio
un pezzo là intorno a una crepa in un tubo
di piombo.
È passato tanto tempo ormai, amore mio,
tanto tempo,
ma stanotte proprio come la nostra prima
notte sono qua,
la testa leggera tra le mani e il bicchiere
pieno,
che fisso i grossi petali sonnolenti fino
a quando si mettono in moto,
amandoli ma con il desiderio di sollevarli,
di schiuderli,
persino di farli a pezzi, se questo è quanto
ci vuole per arrivare
alla tua bellissima pelle, desiderosa,
calda, candida come la luna.
Andrew Motion
Traduzione di Helena Sanson
Traduzione di Helena Sanson
io ricordo
quella dei monti
in legno di pino
fragrante e calda
piena di vino...
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