lume s. m. [lat. lūmen (-mĭnis), affine a lūx «luce»]. –
1.
a. In genere, sorgente luminosa, apparecchio o mezzo, anche molto semplice, per produrre luce artificiale e illuminare: Facesti come quei che va di notte, Che porta il l. dietro e sé non giova (Dante); spento ogni l. prestamente ... le si coricò allato (Boccaccio); nel linguaggio comune, indica oggi per lo più, come indicava in passato, mezzi d’illuminazione diversi da quelli elettrici, quelli cioè costituiti da candele, lucerne, fiaccole, lampade a gas, a petrolio, ecc. (e lume a petrolio, o assol. lume, era solitamente chiamata la lampada a petrolio di uso domestico): levami un po’ quel l. dinanzi, che m’accieca (Manzoni); accendere, spegnere i l., con riferimento al passato, o anche al presente dove tali mezzi sono ancora adoperati; mettere i l. alle finestre, per luminarie in giorni di festa o in occasione di processioni; festa dei l., altro nome della festa delle lampade presso gli Ebrei (v. lampada). Può anche designare un apparecchio d’illuminazione elettrica, ma solo in frasi generiche (per es., addormentarsi col l. acceso), che si conservano quasi per tradizione, oppure con riferimento a lampade spostabili, in frasi come portare, avvicinare, allontanare il l., che sopravvivono dal tempo in cui i mezzi d’illuminazione erano diversi. Anticam. il sing. si usò anche con senso collettivo: lungo ’l Verde, Dov’e’ le trasmutò [le mie ossa] a lume spento (Dante); alla più vicina [chiesa] le più volte il portavano, dietro a quatro o a sei cherici con poco lume (Boccaccio). Modi proverbiali fig.: tenere, reggere il l., lo stesso che reggere il moccolo o la candela (v. candela, n. 1), e meno spesso nel senso di reggere il candeliere (v.); arrivare quando sono spenti i l., arrivare a uno spettacolo o a una riunione quando questi sono già al termine.
b. Per estens., poet. (dal sign. generico di «sorgente di luce» o di «oggetto luminoso»), stella, astro: La spera ottava vi dimostra molti Lumi (Dante), le stelle fisse dell’ottavo cielo; Fra tanti amici lumi [stelle benigne] Una nube lontana mi dispiacque (Petrarca). Con traslati analoghi a quelli di luce (nei sign. ivi descritti al n. 4): l’alto lume (Dante), Dio; E ’l canto di que’ lumi (Dante), di quegli spiriti beati; più com., nell’uso letter., persona di gran merito e di gran sapere da cui proviene luce di gloria, o che costituisce una guida, un esempio insigne: O de li altri poeti onore e lume (Dante); que’ tre che tu, Fiorenza, onori, Eterni lumi della lingua nostra (Berni); Cadde Rifeo, ch’era ne’ Teucri un lume Di bontà, di giustizia e d’equitate (Caro). Per enfasi, l. degli occhi, persona grandemente amata: Poscia che ’l dolce ... L. degli occhi miei non è più meco (Petrarca).
2.
a. Lume è spesso adoperato anche come sinon. di luce nel suo sign. fondamentale di radiazione luminosa, o di chiarore, di splendore in genere: videro un l. in lontananza; Li raggi de le quattro luci sante Fregiavan sì la sua faccia di lume, Ch’i ’l vedea come ’l sol fosse davante (Dante); Il cinguettio, così tra l. e scuro, Cessò d’un tratto (Pascoli). Con questo sign. la parola, se riferita alla luce naturale, è solo dell’uso letter. o ha sapore arcaico: stanza che ha poco l., che prende, che riceve l. da un’apertura; raro, il l. del sole, delle stelle; l. di luna si alterna col più frequente chiaro di luna, soprattutto in alcune frasi: c’era un bellissimo l. di luna; passeggiare, fare una gita in barca a l. di luna; fig., a questi l. di luna (v. luna, n. 1 a). È d’uso corrente invece quando indica la luce artificiale prodotta da un apparecchio d’illuminazione non elettrico e poco luminoso: al l. della candela, d’una lampada a olio, a petrolio; al fioco l. d’una lucerna, ecc.; prov., né donna né tela al l. di candela (v. candela, n. 1); fare lume, dar lume, riferito al corpo da cui viene la luce: questa lucerna fa poco l., non dà l. sufficiente. Fare l. si dice però anche della persona che, reggendo una lampada, una lucerna, una candela, ecc., accompagni un altro al buio per rischiarargli la strada, oppure gli si accosti perché veda meglio: vado avanti io per farle l.; fammi l., perché non riesco a leggere quello che c’è scritto qui. Fig., far l., di persona magrissima, che quasi lascia trasparir la luce. La frase non veder lume, rara in senso proprio, è usata in senso fig., non veder chiaro in qualche faccenda, non vedere possibilità d’un rimedio, d’una via d’uscita, d’un miglioramento della situazione; iperb.: ho una fame che non vedo l. (oggi più com. che non ci vedo), grandissima; non veder più l., essere accecato dall’ira, dalla disperazione, e sim.
b. Nel linguaggio della critica figurativa, s’intende per lume, nella pittura, la resa dell’effetto della luce sui corpi che ne sono colpiti (v. anche lustro1); rialzare i l., dare rilievo alle parti più in luce mediante il lumeggiamento.
c. In comune con luce è anche l’uso fig. per indicare la vista, la facoltà visiva: perdere, rendere, riavere il l. degli occhi; Dar l. a ciechi, e tornar morti a vita (Ariosto); per metafora, perdere il l. degli occhi, essere sopraffatto dall’ira, dal furore così che la vista quasi si offusca e la mente s’intorbida (cfr. l’espressione fig. non vederci più, con senso analogo). Al plur., poet., gli occhi (in quanto, come la luce, essi sono il mezzo che consente di vedere gli oggetti): E vidi lagrimar que’ duo bei lumi (Petrarca); cadde tramortita e si diffuse Di gelato sudore, e i l. chiuse (T. Tasso); se il fato ... non consente Ch’io per la Grecia i moribondi lumi Chiuda (Leopardi).
3. Altri usi fig., di cui alcuni sono comuni con luce, altri invece esclusivi:
a. Ciò che dà luce alla mente e allo spirito, rischiarandoli, guidandoli nella ricerca e nella conquista della verità, nella comprensione delle cose: il l. della fede, i l. della scienza, ecc.; [Beatrice] Che lume fia tra ’l vero e lo ’ntelletto (Dante). In partic., secolo dei l., espressione, oggi per lo più scherzosa o usata in tono lievemente ironico, con cui si è designato il sec. 18° (fr. siècle des lumières), cioè l’Illuminismo, in quanto si affermò allora l’idea di una illuminazione dello spirito dalle tenebre dell’oscurantismo medievale per opera della ragione; sempre con allusione all’Illuminismo, i lumi, la cultura fondata su basi razionalistiche: spirito tenebroso di cabala e d’intrigo che sparisce in faccia ai lumi ed alle scienze (Beccaria); la stampa, i fogli pubblici, ... i lumi finalmente che ogni giorno più vanno allontanando gli uomini dall’antica ferocia (P. Verri).
b. Più genericam., ammaestramento, consiglio, schiarimento che aiuti a intendere, a sciogliere dubbî, a levar d’impaccio, e sim.; dare lume, aiutare con la propria scienza ed esperienza nel retto intendimento intellettuale o morale; analogam., avere, ricevere, prendere lume da qualcuno, chiedere lume, nelle incertezze della mente e nei dubbî dell’animo: il segretario voleva un po’ di tempo per prender l. (Verga); rivolgersi a qualcuno per aver lume. Sono in genere espressioni di tono elevato e solenne, che facilmente si prestano perciò a un uso scherz. o iron., soprattutto in qualche partic. frase come fammi lume, o quand’è usato al plur.: mi diede i suoi l.; vieni qui, che ho bisogno dei tuoi l.; se avrò bisogno, ricorrerò ai tuoi l.; al plur. può anche significare le cognizioni, la cultura, la scienza, l’avvedimento, l’acutezza di mente (e anche in questo caso è per lo più iron.): uomo di molti l.; mi potrò giovare o valere dei tuoi l.; portò i suoi l. nella discussione.
c. La luce che irraggia dalla mente stessa o da cui la mente è irraggiata; quindi: l. della ragione, l. dell’intelletto, la facoltà e l’uso della ragione; perdere il l. della ragione, diventare pazzo, o infuriarsi fino a non aver più il controllo e la coscienza dei proprî atti. Anche, discernimento: Lume v’è dato a bene e a malizia, E libero voler (Dante). L. naturale, nella filosofia scolastica (lat. lumen naturale), la naturale capacità della ragione umana di attingere la verità, in antitesi al lumen gratiae, superiore capacità d’intendimento ad essa concessa dalla grazia divina.
c. La luce che irraggia dalla mente stessa o da cui la mente è irraggiata; quindi: l. della ragione, l. dell’intelletto, la facoltà e l’uso della ragione; perdere il l. della ragione, diventare pazzo, o infuriarsi fino a non aver più il controllo e la coscienza dei proprî atti. Anche, discernimento: Lume v’è dato a bene e a malizia, E libero voler (Dante). L. naturale, nella filosofia scolastica (lat. lumen naturale), la naturale capacità della ragione umana di attingere la verità, in antitesi al lumen gratiae, superiore capacità d’intendimento ad essa concessa dalla grazia divina.
4. In biologia, l’interno di un canale organico o di un organo cavo o di una cellula provvista di parete evidente: l. di un’arteria, di una vena; l. vasale; l. intestinale, ecc.
5. La dimensione delle maglie nelle reti da pesca.
Dim. lumétto, lumettino; pegg. lumettàccio (tutti riferiti ai lumi a olio, a petrolio e sim.). V. inoltre lumicino e lumino (dizionario Treccani).
Basta anche il lume in fondo alla vallata,
quel lume che ogni sera torna.E' come
quando si dice a un premuroso che
ci si vede, e altro lume non occorre...
Basta il mistero, sulla delusa terra ,
del lume che a intervalli appare e spare,
e avvezzo a sè fa il cuore, come a un palpito...
Basta che un lume, in una lontananza,
si riaccenda nel mondo , a quando a quando
quel lume che ogni sera torna.E' come
quando si dice a un premuroso che
ci si vede, e altro lume non occorre...
Basta il mistero, sulla delusa terra ,
del lume che a intervalli appare e spare,
e avvezzo a sè fa il cuore, come a un palpito...
Basta che un lume, in una lontananza,
si riaccenda nel mondo , a quando a quando
Gaetano Arcangeli
una candela nel buio,
calda d'inverno,
luminosa l'estate;
una piccola luce
a indicare il sentiero,
la via...
Nessun commento:
Posta un commento