mercoledì 9 ottobre 2013

Saffo

Saffo (gr. Σαπϕώ)

Poetessa greca di Lesbo (fine sec. 7° - prima metà sec. 6° a. C.).
Nacque ad Ereso, ma visse nella principale città di Lesbo, Mitilene.
Era di famiglia nobile e secondo una notizia antica fu, tra il 607 e il 590, in esilio in Sicilia, forse perché in contrasto con la stirpe dei Cleanattidi, dominante in Mitilene. Fu amica di Alceo, che l'ammirò molto; ebbe una figlia, Cleide, e tre fratelli, Larico, Carasso ed Eurigio, dei quali parla nelle sue poesie.
La sua vita trascorse, dedicata esclusivamente alla poesia, in un tiaso dove, attorno a S., si raccoglievano le fanciulle di Lesbo e straniere che esercitavano la poesia, la musica e la danza. Per queste fanciulle S. esprime nelle sue poesie sentimenti d'amore, sui quali fin dai tempi antichi si è discusso, cercando un'interpretazione che non urtasse la sensibilità morale dei tempi classici e poi dei nostri tempi; ma non è possibile in realtà interpretare le espressioni saffiche altrimenti da quel che impone la loro evidente chiarezza. Una sorte singolare ebbe S., per aver celebrato gli amori di Afrodite e del demone Faone: si creò la leggenda di un amore disperato di S. per un giovinetto Faone, che avrebbe condotto la poetessa a suicidarsi gettandosi dalla rupe di Leucade. Il motivo, divenuto famoso, fu ripreso da Ovidio e passò anche nel neopitagorismo, in cui il suicidio di S. simboleggia l'anima dell'uomo che si annega nell'armonia del creato. La stessa antichità era però consapevole della natura leggendaria di questa vicenda; da alcuni versi di S. risulta che ella giunse a tarda età. ▭ I carmi lirici di S. furono raccolti e ordinati dai grammatici alessandrini in nove libri, tenendo conto in parte del metro, in parte del contenuto: il primo libro, per es., raccoglieva tutte le liriche in strofe saffiche, l'ultimo tutti gli epitalamî (in metri diversi). Di molte migliaia di versi rimane pochissimo: soltanto un'ode intera, un'altra mutila alla fine, ampî frammenti spesso di lettura difficilissima e disperata, ritrovati in gran parte nelle scoperte papirologiche recenti; molti altri frammenti, di uno o due o pochissimi versi, sono conservati da citazioni di grammatici e metricologi antichi. Il dialetto usato è l'eolico, come in Alceo; forse si insinuano in esso degli epicismi, e non è del tutto accettabile parlare, come si è fatto, di un'assoluta purezza dialettale. Il tipo di composizione è la lirica monodica, ma S. compose anche poesie corali, i cui caratteri metrici non hanno affinità con la struttura del coro di Alcmane, Stesicoro, Pindaro, ecc. Singolare nelle forme, raffinatissima nella lingua, la poesia eolica di S. e di Alceo fu ripresa come modello dai poeti ellenistici e, attraverso questi, dai neoteroi latini e da Orazio; un suo influsso si può però anche riscontrare nei tragici e in Aristofane. ▭ La poesia di S. rappresenta una delle maggiori vette raggiunte dalla lirica di tutti i tempi. La lingua, la musicalità perfetta ed essenziale, l'immagine purissima e pregnante, l'assoluta assenza d'ogni ornamento che non sia perfettamente fuso nel disegno, nel colore e nella musicalità dell'immagine, ne fanno un esempio unico di liricità pienamente realizzata. D'altra parte, la poesia di S., la cui ispirazione nasce da una ristretta gamma di sentimenti (l'amore, innanzi tutto, vissuto in tutte le sue forme, dalla passione travolgente e dalla gelosia alla contemplazione estatica che risolve in una sola immagine l'oggetto amato e la bellezza dell'universo con cui si paragona e in cui vive), è quanto di più lontano possa essere dall'estetismo e dall'alessandrinismo. Non v'è alcun elemento di compiacenza esteriore; l'amore per il bello e le cose che ridestano la sensibilità sottile e raffinata dell'artista e della donna serba sempre una immediata schiettezza, che lo salva da ogni sensualismo programmatico. S. è semplicemente una donna che ama, gode e soffre le bellezze della natura, degli animali, delle cose che la circondano, non già istintivamente - ché anzi ha coscienza di questo suo singolare essere fatta per una esclusiva passione, fuori d'ogni conformismo di valori comunemente accettati -, né con semplicità d'animo, ma tuttavia spontaneamente e senz'altra mediazione che l'infinita capacità di canto. Nei frammenti di S. è certamente riposto uno dei più straordinarî e singolari tesori d'arte e d'umanità che la Grecia arcaica abbia lasciato. ▭ S. è divenuta nella letteratura moderna protagonista di varie leggende, drammi e romanzi, dalla commedia elisabettiana Sapho and Phao di J. Lyly (1584) al romanzo Avventure di S. poetessa di Mitilene di A. Verri (1780); dal dramma Sappho di F. Grillparzer (1818) alla celebre lirica di G. Leopardi, L'ultimo canto di S. (1822), alle varie opere musicali di G. Pacini (1840), Ch. Gounod (1851), ecc. (enciclopedia TRECCANI)

 

A me pare uguale agli Dei
chi siede a te davanti
e vicino, il dolce suono
ascolta mentre tu parli

e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce

non esce e la lingua si spezza.
Un fuoco sottile sale rapido alla pelle,
e gli occhi più non vedono,
e rombano le orecchie.

E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.

Saffo
traduzione di S. Quasimodo



gli occhi,
quelli che ridono,
quelli che piangono,
gli occhi,
quelli che guardano
e a volte,
non vedono...

Nessun commento:

Posta un commento