giovedì 24 ottobre 2013

Preghiera



Il pregare è nella religione
ciò che il pensiero è nella filosofia.
Il senso religioso prega
come l'organo del pensiero pensa.

Novalis


La preghiera è una delle pratiche comuni a tutte le religioni. Essa consiste nel rivolgersi alla dimensione del sacro con la parola o con il pensiero; gli scopi della preghiera possono essere molteplici: invocare, chiedere un aiuto, lodare, ringraziare, santificare, o esprimere devozione o abbandono. La preghiera è solitamente considerata come il momento in cui una persona 'parla' al sacro, mentre la fase inversa è la meditazione, durante la quale è il sacro che 'parla' alla persona. La preghiera può essere personale, oppure liturgica; solitamente questa seconda forma si ritrova come preghiera scritta (o comunque tramandata in qualche modo). Una delle forme di preghiera più diffuse è il canto devozionale. Secondo la dottrina cattolica, quando una persona prega si eleva a Dio in modo cosciente. Il "tappeto di preghiera" è un piccolo tappeto che i musulmani usano per inginocchiarsi durante le preghiere giornaliere. Nell'ebraismo sono previste tre preghiere nei giorni feriali, in ricordo dei sacrifici di animali e vegetali che venivano praticati nel Santuario: l'Arvith, Shachrith e Minchah. Le preghiere sono quattro il sabato e altri giorni particolari (5 volte per Yom Kippur). L'ordine delle preghiere si trova nel Siddur, il tradizionale libro delle preghiere ebraico. Sebbene la preghiera individuale sia valida, pregare con un minyan (numero minimo di dieci maschi adulti) è considerato ideale. Molte sinagoghe hanno un hazzan, cioè un cantore che guida la preghiera della comunità. Nel Cristianesimo la forma classica e più antica di preghiera pubblica sono le ore canoniche, cioè momenti fissi durante la giornata in cui vengono recitati (o cantati) dei salmi più altre preghiere, dalla Bibbia o composte dalle Chiese, oltre a inni e intercessioni. Di origine antichissima (la struttura è stata ereditata dalla preghiera ebraica sinagogale e del Tempio di Gerusalemme), le ore canoniche ebbero particolare rilievo nelle comunità monastiche come ufficio corale. Nell'Islam la preghiera canonica è chiamata ṣalāt, prescritta 5 volte al giorno, in forma singola o collettiva, anche se sono previste e consigliate altre preghiere volontarie Nelle devozioni private esistono vari tipi di preghiere, che hanno un unico fine: elevare l'anima a Dio. Elevare l'anima a Dio è infatti la definizione ufficiale della preghiera così come riportato dal Catechismo della Chiesa Cattolica. In realtà, come dice la Bibbia (Sap 1,7 e At 17,28), noi già viviamo ed esistiamo dentro Dio; come pure affermano alcune tradizioni religiose antiche dei popoli asiatici e americani. Essendo però Dio di natura trascendente e spirituale, la sua presenza non appare sempre immediatamente percepibile ed evidente. Ecco perché è necessario elevare l'anima a Dio, cioè compiere un atto di volontà (la volontà è una delle tre potenze dell'anima insieme alla memoria e all'intelletto) che ci rende più attenti, più sensibili, più partecipi di questa presenza che è sempre e ovunque. I modi di muovere la volontà e dunque l'anima a questa consapevolezza e a questa comunione sono molti e diversi. La tradizione cattolica ne enumera svariate decine che sono state ispirate dai santi nel corso dei secoli passati e che hanno trovato una eco più o meno duratura e diffusa, in funzione della semplicità, della praticità e della bellezza delle stesse modalità di preghiera. Tra le forme private di preghiera più diffuse dalla tradizione cristiana troviamo: la preghiera biblica (che utilizza direttamente le parole della Sacra Scrittura oppure che parte dalla lettura della Bibbia per poi aprirsi al colloquio personale con Dio, come fa la lectio divina); il colloquio personale con Dio (che l'uomo può vivere in qualunque tempo e luogo); il Santo Rosario (una forma devozionale nata nel Medioevo e diffusa oggi in tutti i popoli cattolici); il culto delle immagini (fondato sul fatto che l'immagine sacra subito richiama alla mente la persona divina rappresentata e diffuso, oltre che nelle chiese, specialmente nei luoghi dove le chiese e i luoghi di culto pubblico sono lontani); tale culto non è accettato dal Protestantesimo; la via crucis (devozione nata nel Medioevo e diffusa nel XVII secolo da san Leonardo da Porto Maurizio); la vigilanza (cioè l'atteggiamento interiore dell'uomo che vigila sui suoi pensieri, discernendo quelli buoni da quelli malvagi per coltivare quelli buoni e rinnegare, dissolvere, dimenticare quelli malvagi); la ripetizione (cioè l'atto della volontà che dà inizio ad un ciclo ripetitivo di brevi invocazioni o preghiere ben conosciute, che l'uomo ripete dentro di sé fino a formare un tappeto morbido e robusto sul quale l'anima si stende e si rilassa per poi entrare nella contemplazione); la contemplazione (è la forma di preghiera considerata più santa, in quanto comunione stessa con il Santo, essendo stata definita dall'uomo la santità come la natura stessa di Dio; la contemplazione è la presenza viva di Dio nell'uomo che ispira direttamente pensieri, parole, immagini, azioni, per cui nella contemplazione l'uomo vede ciò che Dio vede, sente ciò che Dio sente, fa ciò che Dio fa); la meditazione (è il fluire o il sorgere di pensieri che vengono suggeriti, stimolati, ispirati dalle fonti più diverse, come ricordi, incontri, discorsi, letture, fatti, immagini, simboli. Essendo immenso il bacino di spunti per la meditazione, essa è probabilmente la forma di orazione più praticata di ogni tempo); l'usanza cristiana di pregare con le mani giunte risale al Medioevo e deriva dalla cerimonia dell'omaggio feudale. L'uomo che si disponeva all'omaggio congiungeva le mani e le poneva unite fra quelle del suo signore per diventare suo vassallo. La forma dell'omaggio vassallatico influenzò anche il culto cristiano e il modo di pregare Dio che divenne il signore di cui invocare la protezione. Chi pregava cominciò a farlo a mani giunte non più con le braccia aperte rivolte verso il cielo. Diventò così un gesto di sottomissione assoluta al proprio superiore.

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