martedì 12 febbraio 2013

Felicità


La felicità

Ma quella che va sola ancora sa
tratto tratto pel suo vagabondare
trovar un'ombra di felicità.
Oh ! ma un'ombra così lieve che pare
quella del pesco, quando primavera
gli fa una veste di rosette amare.
Certa non è se gioia era o non era,
e a sera lo domanda ella a sé stessa
sciogliendo adagio la sua chioma nera.
O voce che dicevi sì sommessa :
Mi piaci ! o riso di perplessità,
o mano che non parla ma confessa,
eri o non eri la fehcità ?

Amalia Guglielminetti


felici ed austeri
in girandole di pensieri
assurdi, a volte ciechi,
ma vivi sì, questo sì;
ed ecco le svolte
e le strie di pianto
a rigare il volto... 

La felicità è lo stato d'animo (emozione) positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desider. L'etimologia fa derivare felicità da: felicitas, deriv. felix-icis, "felice", la cui radice "fe-" significa abbondanza, ricchezza, prosperità. La nozione di felicità, intesa come condizione (più o meno stabile) di soddisfazione totale, occupa un posto di rilievo nelle dottrine morali dell'antichità classica, tanto è vero che si usa indicarle come dottrine etiche eudemonistiche (dal greco eudaimonìa) solitamente tradotto come "felicità". Tale concezione varia, naturalmente, col variare della visione-concezione del mondo (Weltanschauung) e della vita su di esso. Le sue caratteristiche sono variabili secondo l'entità che la prova (per esempio: serenità, appagamento, eccitazione, ottimismo, distanza da qualsiasi bisogno, ecc.). Quando è presente associa la percezione di essere eterna al timore che essa finisca. L'uomo fin dalla sua comparsa ricerca questo stato di benessere. La felicità è quell'insieme di emozioni e sensazioni del corpo e dell'intelletto che procurano benessere e gioia in un momento più o meno lungo della nostra vita. Se l'uomo è felice, subentrano anche la soddisfazione e l'appagamento. L'uomo ha delle necessità primarie, secondarie e sovrastrutturate, di solito l'appagamento di queste necessità e il raggiungimento dell'obiettivo dettato da un bisogno procura gioia da cui deriva anche la felicità. La felicità studiata sotto il profilo dei bisogni (primari, secondari, ecc...)porta a valutazioni e definizioni non solo psicologiche e filosofiche diverse, ma anche materiali, per questo motivo la felicità è stato ed è studio di ogni scienza umanistica. Rimane chiaro che la divisione è fatta per chiarire le varie componenti di quello che è lo stato della felicità della persona, ma essendo l'uomo una unità indissolubile di psiche-corpo-spirito è chiaro che si parla sempre
 di tutte le componenti che si influenzano tra di loro. Se mi fa male un piede è molto più facile che io sia triste piuttosto che allegro e felice. La felicità appartiene alla sfera del trascendente per quanto riguarda la sua sostanza definitiva, oggetto della ricerca dell'individuo. Essa però possiede a sua volta un fondamentale caposaldo nella condizione immanente dell'io, frutto della soddisfazione di bisogni primari dovuti agli istinti e agli impulsi biologici, quali ad esempio la fame, il sonno, l'appagamento sessuale. Essi possono essere considerati come parte integrante della felicità, ma non come unica costituente della stessa. I bisogni biologici creano una condizione di attesa e di infelicità che tende a risolversi nel momento in cui si appaghi il proprio bisogno primario: l'appagamento ottiene una condizione di serenità e di tranquillità che produce felicità biologica, identificabile con il piacere, la quale influenza anche le altre componenti come la psiche e lo spirito, ciononostante l'appagamento biologico è sottoposto ad una temporaneità irrevocabile, frutto del continuo ripresentarsi di pulsioni e istinti dopo il breve periodo di compimento degli stessi. Relegare la felicità solo al piano biologico, significa dipendere unicamente dai bisogni biologici e non andare oltre, condizione questa di un susseguirsi ciclico che ritorna su se stesso. A livello anatomico recenti studi di elettrofisiologia e immunoistochimica sviluppano il concetto introdotto da Papez sulla centralità del sistema limbico nel procurare una reazione di natura certamente chimica e elettrica (equivalenti secondo la legge di Nernst), causale di quella che viene definita percezione della psiche e degli sbalzi di umore. Epicuro, in una Lettera sulla felicità a Meneceo, lo ravvisava sul fatto che non c'è età per conoscere la felicità: non si è mai né vecchi né giovani per occuparsi del benessere dell'anima (e cioè di "filosofare", amare il pensiero). Per Epicuro la felicità e la conoscenza delle cose fanno lo stato di felicità. Nella sua vita naturale l'uomo allontana da sé il dolore sia fisico (aponia) che psichico (atarassia) e l'assenza di queste due cause porta al raggiungimento della felicità. Epicuro classifica i piaceri dividendoli in tre grandi categorie: "Naturali e necessari", come: l'amicizia, la libertà, il riparo, il cibo, l'amore, il vestirsi, le cure ecc. "Naturali ma non necessari" come: l'abbondanza, il lusso, case enormi oltre il necessario, cibi raffinati ed in abbondanza oltre il necessario. "Non naturali e non necessari", come il successo, il potere, la gloria, la fama ecc. Soddisfare piaceri naturali e necessari è molto importante per la felicità, avere accesso a piaceri naturali ma non necessari può essere positivo se per procurarceli non ci votiamo ad un sacrificio eccessivo, mentre i piaceri non naturali e non necessari sono nella stragrande maggioranza dei casi fonte più di infelicità che di felicità. Secondo Epicuro, infatti, l'uomo dovrebbe concentrarsi sul vivere quegli aspetti della vita connessi alla sua natura e coltivare con impegno l'amicizia, elemento assolutamente positivo della nostra esistenza. La filosofia epicurea invita l'uomo a godere senza affanni di ciò che può procurarsi senza sforzo eccessivo e a vivere la vita stringendo salde e durature relazioni interpersonali La felicità può essere il raggiungimento di un desiderio, la soddisfazione di vederlo realizzato. Il bisogno di felicità, sotto il profilo psicologico, può essere anche una soluzione ad un problema e la soluzione del problema dà l'appagamento quindi gioia. La felicità si sviluppa sia in senso intellettuale sia materiale, sia fisico sia psichico, sia affettivo sia emozionale. Per fare degli esempi pratici su come il valore della felicità cambi anche in virtù della cultura e del contesto ambientale, la felicità può essere un sorriso di un bambino o l'acquisto di una villa con piscina, può essere un matrimonio o la conquista dell'Everest, la pace dei sensi o la vincita dei mondiali di calcio. Nel terzo mondo il raggiungimento di una ciotola di riso (bisogno primario) è felicità. Nei paesi ricchi il comprare un'auto di lusso (bisogno sovra-strutturato) è felicità. Sono due emozioni non comparabili ma che fanno parte della felicità umana. La felicità può essere considerata come il provare ciò che esiste di bello nella vita. Non è un'emozione oggettiva, né è casuale come un evento del destino, ma è una capacità individuale da scoprire. Come insegna la cultura popolare (ad esempio nel famoso proverbio "Meglio un uovo oggi che una gallina domani"), la felicità non è un inseguimento dei sogni futuri, ma al contrario è il cercare di godere di quello che si possiede nel presente. Spesso i cosiddetti "falsi idoli" (ovvero i soldi, il benessere corporale, la fama, il successo, il potere) sono considerati fonte di felicità, ma secondo talune teorie questo atteggiamento crea solamente più ansia che è in contrasto con lo stato della felicità. Il raggiungimento di un falso idolo può provocare solo una gioia effimera, poiché più si conquista una cosa più ne cresce il desiderio. La psicologia più di tutte le altre discipline ha studiato il comportamento della psiche nello stato di felicità osservando le manifestazioni comportamentali della felicità: sentimento di maggiore libertà, fiducia in sé stessi e negli altri, nonché ottimismo nei confronti della vita. Sono stati effettuati studi sugli effetti della felicità che analizzano la partecipazione di più parti del corpo nei complessi meccanismi biologici che si manifestano quando percepiamo sensazioni definite di "felicità". Si è osservato che le persone felici affrontano meglio la vita e i rapporti con gli altri. La felicità ha due componenti fondamentali, il raggiungimento del benessere del corpo ma anche il raggiungimento della serenità dell'anima. Solo il raggiungimento di entrambi dà la felicità completa Il concetto di felicità è un valore esplicitamente sancito in alcune Costituzioni e nella Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti. Nella Costituzione italiana il “pieno sviluppo della persona umana” è valore sancito dall'art. 3. La realizzazione sul piano oggettivo della persona umana, della propria essenza, vale a dire su un piano inter-soggettivo visibile e condivisibile da tutti, è intesa come identica sul piano soggettivo alla felicità del singolo (come sosteneva il filosofo Socrate).
La felicità ha dunque a che fare con la privacy, nel suo aspetto difensivo ed evolutivo, è essenziale per garantire la tutela della dignità della persona in ogni suo aspetto e dunque garantire la sua felicità. Rispettare la vita privata significa anche permettere a ciascuno di realizzare i propri sogni, di non rinunciare alla felicità nelle forme in cui la si identifica, di decidere personalmente circa ciascun aspetto del proprio cammino. Dunque realizzare i propri sogni è sviluppare a pieno se stesso, trovando il necessario equilibrio per raggiungere la propria felicità. Il diritto alla felicità, la privacy ed il correlato diritto all'identità personale (sancito tra i diritti inviolabili ex art. 2 Cost., sent. Corte Cost. n. 13/1994) rappresentano quindi un rovesciamento di prospettiva nei confronti di imposizioni atte a trasferire sulla persona modelli prefabbricati. Ciascun essere umano è unico e come tale irripetibile, artefice dei suoi progetti, non standardizzabile. Il Paradosso della felicità, o paradosso di Easterlin, analizza il rapporto tra felicità (o come indicato nella ricerca "soddisfazione") di ogni individuo e la sua ricchezza. Il risultato vede (e per questo diventa un paradosso) un rapporto, oltre una certa soglia tra i due valori indirettamente proporzionale, cioè a maggior ricchezza la felicità si riduce (da Wikipedia).

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