Poeta ungherese (Szeged 1883 - ivi 1937).
Lirico crepuscolare e parnassiano, dalle forme di rara perfezione, specialmente nei sonetti.
È una delle maggiori figure della poesia ungherese della prima metà del Novecento.
Nei suoi volumi: Új versek 1908-1914 ("Versi nuovi", 1914); Kèső szüret ("Vendemmia tardiva", 1918); Nefelejts ("Non ti scordar di me", 1921); Testamentom (1925); Hárfa ("Arpa", 1929); Fiatalok még itt vagyok! ("Giovani, ancora sono qui!", 1935); Összes művei ("Tutte le opere", 3 voll., 1963) cantò il paesaggio magiaro, la vita di provincia, le vicende storiche della sua nazione, il sentimento religioso e il profondo desiderio d'amore.
Morì suicida (Treccani).
CANTILENA DI NOVEMBRE
I tristi pagliai anneriti
stanno in grembo all’autunno, spersi nella pioggia.
Un pioppo si rannicchia sotto il vecchio cielo
che specchia i tempi che se ne vanno.
stanno in grembo all’autunno, spersi nella pioggia.
Un pioppo si rannicchia sotto il vecchio cielo
che specchia i tempi che se ne vanno.
O tristi pagliai anneriti,
dov’è l’estate, dove sono le frecce di fuoco e le danze?
Un pioppo si rannicchia sotto il vecchio cielo,
filtrano dell’autunno lacrimose fragranze.
dov’è l’estate, dove sono le frecce di fuoco e le danze?
Un pioppo si rannicchia sotto il vecchio cielo,
filtrano dell’autunno lacrimose fragranze.
I tristi pagliai anneriti
stanno in grembo all’autunno, spersi nella nebbia.
Ancora una volta il mondo si fa più desolato
e questo cuore ancora una volta muore sfinito.
stanno in grembo all’autunno, spersi nella nebbia.
Ancora una volta il mondo si fa più desolato
e questo cuore ancora una volta muore sfinito.
Gyula JUHÁSZ
il fico ingiallito aspetta
per le foglie quell'ultimo volo
che poi è anche il solo,
lo guardo che piove
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