Un libro è un insieme di fogli stampati oppure manoscritti delle stesse dimensioni rilegati insieme in un certo ordine e racchiusi da una copertina.
Il libro, usato per acquisire informazioni o anche per divertimento, è ancora oggi lo "strumento principe del sapere".
La parola italiana libro deriva dal latino liber.
Il vocabolo originariamente significava anche "corteccia", ma visto che era un materiale usato per scrivere testi (in libro scribuntur litterae, Plauto), in seguito per estensione la parola ha assunto il significato di "opera letteraria". Un'evoluzione identica ha subìto la parola greca βιβλίον (biblìon): si veda l'etimologia del termine biblioteca.
I libri a stampa sono ottenuti a partire da un foglio di carta di dimensioni più o meno standard su cui vengono stampate diverse pagine.
Le dimensioni del foglio hanno subìto diverse variazioni nel tempo, in base alle capacità delle presse. Il foglio stampato viene poi opportunamente piegato per ottenere una segnatura, costituita da un fascicolo di pagine progressive
Esistono anche formati intermedi (in decimo, in dodicesimo) o più piccoli (in ventesimo, in trentaduesimo, ecc...) ma sono poco utilizzati.
Le segnature vengono rilegate per ottenere il volume. Il taglio delle pagine, soprattutto nelle edizioni più economiche, era di norma lasciato al lettore fino agli anni '40 del XX secolo, mentre ora le segnature vengono rifilate direttamente dalla tipografia.
Il termine "tascabile" rappresenta un concetto commerciale e identifica libri economici stampati in dodicesimo o sedicesimo, la cui diffusione, a partire dall'ultimo Ottocento (ma soprattutto nella seconda metà del XX secolo) ha permesso un notevole calo dei prezzi. Sostanzialmente, peraltro - sia per il formato, sia per l'economicità - esso trova precedenti nella storia del libro anteriore alla stampa, già a partire dall'antichità (il "libro che sta in una mano" nel mondo greco: encheiridion, in quello latino i pugillares, nel medioevo il libro da bisaccia) (da Wikipedia).
AL LIBRO
Va, caro figlio del mio core, addio!
Va pel gentil paese,
E la gente ti sia mite e cortese;
Io t’ho scritto col sangue del cor mio.
Va, figlio, e posa su le bianche culle
E sul cor dei soldati,
E arridi ai giovanetti innamorati
E fa pensar le madri e le fanciulle.
Va, figlio, e porta ai bimbi una carezza,
E un saluto ai poeti,
E fra le mute e squallide pareti
Conforta la miseria e la vecchiezza;
E aggiungi un riso alle amorose feste
E ai convegni gentili,
E lascia un marchio sulle guancie ai vili
E getta un raggio su le fronti oneste.
L’ultima volta io ti comprimo al petto
E t’abbandono ai venti;
Va, frutto pio de le mie veglie ardenti,
Va, mio tormento amato e benedetto.
E il plauso non cercar, cerca l’amore,
L’amor donde sei nato;
Va, figlio, porta al mio paese amato
A stilla a stilla il sangue del mio core.
Edmondo De Amicis
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