mercoledì 29 luglio 2009

A Cinque Lune da Nobegmor (XII)

CAPITOLO XII°

- Chi disturba il riposo di Aulis? - mormorò con una voce simile ad un soave canto di cigni.
L'eterea fanciulla sembrava danzasse sulla superficie dell'acqua che, nel frattempo, era nuovamente ritornata tranquilla.
Un'avvolgente sensazione di pace crescente penetrò in ogni fibra del corpo di Mizaurio ed egli assaporò l'abbandono al beato contatto di fronte al quale ogni tensione spariva come neve al tiepido tocco di un raggio di sole.
- Io sono Mizaurio. - rispose.
La fanciulla pareva guardarlo con occhi ridenti.
- Sei tu umano o creatura di boschi? - domandò ella a lui che estasiato osservava.
- Sono umano o splendente visione. - le disse.
- Io sono Aulis - riprese la ninfa - e nutro di pace e proteggo le creature e le cose di questo angolo nascosto di mondo.
Perché mi destasti dal dolce oblio?
Quale affanno disturba il tuo cuore in modo così pesante da costringere i tuoi gesti al richiamo di ciò che è soprannaturale?
- Langue il mio Principe costretto al dolore ed io ne provo una grande tristezza. - disse Mizaurio e raccontò alla fanciulla il resoconto degli avvenimenti che aveva, con Gujil, vissuto durante quel viaggio.
- ora so, - disse Aulis - ora sento, ... e comprendo.
Lessi, ma avevo perso il ricordo, scorrendo stelle e pianeti, gli eventi di cui mi hai da poco dato racconto.
Sorrise.
Si chinò e raccolse dall'acqua qualcosa che osservò attentamente.
- Ho visto! - disse la ninfa e, poi, continuò con tono più dolce:
- Ascoltami ora con molta attenzione poiché non ho molto tempo; ma chiama l'oblio che mi brama e mi culla nei sogni che questo reale deforma ed uccide.
Più innanzi ai tuoi passi, là dove l'acqua perfora la roccia e sgorga ridente ad alimentare la vena che poi sarà fiume e la terra, là dove troverai il fiore prezioso della purpurea sassifraga.
Raccogline i bulbi interrati e fanne un decotto che a lungo bollisca finché non avrà assunto un deciso colore citrino; quando il tuo Principe avrà bevuto quella prodigiosa essenza tornerà a nuova vita.
Ma bada! Pochi giorni durerà il suo benefico effetto.
Posso dirti che nulla ha potere a guarire il tuo giovane Principe, che non ha ferite nel corpo ma solo nell'anima e nel suo sogno d'amore.
Dovrete lasciare le terre di Opoflop prima che la quinta luna abbia a subire la violenza del mattino.
Altrimenti egli morirà.
Ricordati, o uomo chiamato Mizaurio, ogni attimo e cosa del mondo hanno in sé scritta gli astri.
I corpi del cielo e le universali leggi vanno rispettate dall'uomo, che egli è impotente davanti a quei grandi misteri che danno alito e, con esso, il soffio vitale.
Ricorda!
Così disse e svanì senza che lo scudiero avesse avuto a disposizione il tempo necessario per poter, in qualche modo, replicare alle di lei parole.
Cercò dunque Mizaurio e, cercando, trovò la purpurea sassifraga; quindi ne colse, scavando profondamente la terra, le radici a bulbo e le macerò nella ridente e fresca acqua fino a farne una finissima ed omogenea poltiglia rossastra.
Cosse il decotto per tutto il resto del giorno.
Quando a Mizaurio parve essere pronto, lo tolse dalla fiamma e ne osservò, compiaciuto, il giallo colore.
Lo lasciò raffreddare alcuni minuti dopodiché costrinse le labbra riarse di Gujil, ancora serrate in una muta espressione, a divaricarsi ed il flusso colò copioso nella gola del Principe.

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