lunedì 27 aprile 2009

A Cinque Lune da Nobegmor (VI)

CAPITOLO VI°


- Sei tu mio Gujil ... - mormorò con flebile voce Mizaurio riprendendo i sensi - credevo di averti perduto per sempre!
- Sono io Mizaurio. - gli rispose il giovane Gujil con gli occhi che lasciavano trasparire l'intensa emozione.
Sorreggendolo con un braccio lo aiutò ad alzarsi mentre, con la mano libera, continuava ad accarezzargli affettuosamente il volto ancora impallidito e trasfigurato.
Il respiro di Mizaurio agitava, affannandolo, il petto dello scudiero.
- Ce l'avete fatta figlioli!
Per tutti i maghi dell'universo ce l'avete proprio fatta per un pelo! - ruppe la dolce intimità creatasi tra i due amici la voce di Noretex.
Il vecchio, eccitato e felice come una pasqua, si precipitò verso il pugno ancora saldamente serrato di Mizaurio e gli tolse dalle dita il piccolo ciuffo d'erba rossastra.
Al caldo contatto della mano di Noretex gli steli, che sotto la tenace stretta dello scudiero si erano afflosciati, ripresero nuovo vigore e, cominciando ad agitarsi quasi fossero mossi da un'invisibile brezza, si rizzarono dritti.
- bravi, bravi, - disse Noretex mentre li accarezzava lievemente - mi riconoscete vero?
Poi rivolgendosi a Gujil e Mizaurio disse loro seccamente:
- Ora seguitemi e cercate di non combinare altri guai, almeno per oggi, semmai vi è possibile farlo.
Ciò detto si diresse a passi spediti verso una stretta porta.
I due amici lo seguirono docilmente senza fiatare.
Superato quell'angusto ingresso apparve un enorme salone nel centro del quale si poteva sorgere un fuoco perfettamente ordinato su cui era posto un grande calderone.
Le fiamme, con l'intenso calore che sprigionavano, ne facevano ribollire il contenuto.
- Eccoci arrivati, - disse Noretex - ora voi sedetevi là! - continuò additando a Gujil e Mizaurio due rudimentali sedili posti in un angolo a malapena illuminato dai bagliori del fuoco- E, per favore, state fermi!
ciò detto si diresse a passi spediti alla volta del calderone.
Quando giunse mescolò, con un lunghissimo mestolo di legno, minuziosamente il contenuto.
Intanto pronunciava frasi incomprensibili a punta di labbra. dopo alcuni minuti di attento lavoro il vecchio smise la sua opera e, sollevando con ambedue le mani verso la volta della caverna il piccolo e purpureo ciuffo d'erba, pronunciò una frase ad alta voce che Gujil interpretò essere una formula magica dopodiché gettò il contenuto prezioso dei suoi pugni nella misura ribollente.
Immediatamente il borbottio della grande pentola cessò ed il suo contenuto parve acquietarsi; ma fu per un attimo.
La mistura riprese subito ad agitarsi e ricominciò a bollire rumorosamente.
- Ecco fatto! - disse il vecchio Noretex - ora è tutto a posto; non ci resta che aspettare.
So che ci vorrà parecchio tempo prima che questo filtro venga pronto.
Bofonchiando qualcosa tra i denti Noretex andò a sedersi su un antico scranno a poca distanza dai suoi due ospiti.
- Vi vedo tesi- - disse dopo una lunga e tirata pausa - Volete spiegarmi per quale motivo ancora la diffidenza in voi si annida come una serpe pronta a colpire un nemico?
Le parole di Noretex echeggiarono a lungo nell'ampio salone prima di smorzare definitivamente i loro suoni.
finalmente Gujil, alzandosi dal suo sedile, si fece coraggio, si rivolse a quello strano vecchio loro di fronte e gli disse:
- Ascoltaci ora.
Perché non provi a metterti nei nostri panni?
Ti sembra poi una cosa così inverosimile questo nostro stupore di fronte a ciò che da alcune ore ci sta capitando tra capo e collo?
Può darsi che le tue risposte riescano a diradare questo muro di nebbia e di diffidenza che ci sta separando dagli oscuri tuoi propositi di cui noi facciamo evidentemente parte.
Così disse Gujil di Ozman e le sue parole fluttuarono leggere come fossero neve prima di raggiungere l'attento ascolto del vecchio Noretex.
La grande stanza evocava plastici giochi di ombre e di luci, animati dai riverberi del fuoco, che danzavano senza peso sulla grezza e screpolata roccia delle nude pareti.
Nell'aria, era sospeso come un aroma impalpabile che donava la quiete ed invitava i polmoni di Gujil a larghi e tranquilli respiri.
Gli ultimi avvenimenti avevano duramente provato il corpo e lo spirito dei due amici e quella dolce atmosfera massaggiava la loro mente ed i loro muscoli quasi fosse un efficace, potentissimo, balsamo.
In loro era scomparsa la paura che acceca i pensieri ed era stata presto sostituita da una curiosità più che legittima.
Di questo, e di altro, si accorse il vecchio Noretex nella sua lunga pausa riflessiva.
Decise così di soddisfare il desiderio di conoscenza che Gujil aveva espresso a parole e che in Mizaurio si poteva leggere negli occhi.
- Così volete e sia! - cominciò con tono pacato - Come già vi dissi a suo tempo io sono Noretex.
Da sempre la mia vita cammina con Opoflop e la sua gente.
Ricordo, quando ero un ragazzo, la mia inclinazione verso tutto ciò che pareva legato all'arcano.
Così passai la mia adolescenza alla ricerca di un maestro che fosse in grado di avviarmi all'alchimia.
Ancora giovane giunsi nei pressi di questa caverna indicatami involontariamente dai discorsi di alcuni maldestri maghi ubriachi di passo a Sinocon.
Quando arrivai trovai sulla porta un arzillo e buffo vecchietto che mi disse:
- Ti stavo aspettando giovane Noretex. -
Era Ibaghin.
- Entra. - mi disse.
Ed io entrai.
Dopo avermi rifocillato mi chiese di mostrargli quello che ero in grado di fare.
Ricordo che sorrise affabilmente di fronte ai miei miseri trucchi e che, guardandomi con occhi sinceri e bonari mi disse:
- hai molto da imparare! -
Furono anni meravigliosi.
Ibaghin mi insegnava ed io, velocemente, apprendevo.
Così divenni alchimista e cominciai a manovrare l'arcano.
Quando seppi le intenzioni di Drosan fui io a raccontare alla mente addormentata della bella Arhiac il pericolo che correva Phuxarius e, per salvare il reame di Opoflop, le tolsi dalle labbra il sorriso e lo portai all'unicorno perché lo potesse proteggere dal pugnale dello stregone.
Fu una scelta dolorosa, credetemi, ma fu l'unica che io potessi decidere per salvare Arhiac ed Opoflop.
Ma alle brame di Drosan occorreva una vittima.
Fu un lento e potente veleno sconosciuto che carpì la vita del Re padre di Arhiac.
Nessuno antidoto da me sperimentato poté salvarlo dalla sua triste fine e, da allora, io sto qui ad attendere che un essere umano spinto da un sentimento nobile ed ignaro ai segreti della magia, che tutto muove e fa, possa con il suo coraggio affrontare le prove che dividono Arhiac ed Opoflop dalla loro perduta gioia.
Ho sperato che quell'uomo fossi tu. Gujil di Nobegmor Principe di Ozman e i fatti pare mi stiano dando ragione.
Figliolo, voglia il cielo che tu possa riuscire in un così nobile intento!
Così concluse Noretex il suo racconto fissando nei volti Gujil e Mizaurio.
Il borbottio del calderone continuava con monotono suono agitando il silenzio che pervadeva l'ambiente.
Gujil, con passi calmi, camminò in direzione dell'alchimista sotto lo sguardo rilassato del fedele scudiero.
Il Principe si inginocchiò al cospetto di Noretex e gli prese le mani tra le sue stringendole dolcemente.
-Perdona la mia irruenza saggio uomo, - cominciò con voce pacata - noi non potevamo sapere ciò che udimmo dalle tue labbra.
- Lo so, - rispose il vecchio - non ti devi scusare per la vostra ignoranza.
Chi non sa e vuole sapere ha diritto di sapere.
Sarebbe come affrontare l'ignoto senza essere sorretti dalla voglia di scoprire quali misteri esso celi.
Non ha senso lottare se non si ha una ragione che ci spinga alla lotta.
Alzati Gujil.
Tu sei Principe, io non sono che un vecchio mago.
Non ti chiedo rispetto, ti chiedo aiuto.
- Avrai da me ambedue le cose. - disse Gujil.
Mizaurio, fino ad allora rimasto in disparte, raggiunse i due uomini nei pressi del fuoco.
La luce gettava sui loro volti i rossastri riverberi delle fiamme ammantandoli e trasfigurandone la loro espressione.
- Sarete molto stanchi, - proseguì l'alchimista ponendo loro le mani sulle spalle - dovete ora dare riposo ai vostri occhi affaticati affinché anche il corpo e la mente riacquistino il vigore e la forza senza i quali l'intero essere vacilla di fronte alle fatiche del giorno.
Così disse.
Si alzò dallo scranno e, indicando ai due compagni di seguirlo, si diresse verso una porta seminascosta da una tenda amaranto.
Dopo che tutti ne ebbero varcata la soglia vennero a trovarsi in una stanza molto più piccola della precendente. Gujil e Mizaurio notarono, appoggiati alla parete, due letti rudimentali.
Il resto della mobilia era rappresentato da una sola sedia fatta di legno e da un enorme candelabro d'ottone che reggeva appena due candele semiconsumate.
Queste, ad un gesto di Noretex, si accesero come per magia.
- Sono dispiaciuto di non potervi offrire più di quanto vedete, - commentò il vecchio alchimista - ma chi sta per essere vinto dal sonno non dovrebbe prestare particolare attenzione al posto in cui dormirà il suo riposo.
Ci rivedremo più tardi.
Si accomiatò da loro e ritornò nella sala più grande.
Gujil e Mizaurio, non appena toccarono il rude pagliericcio che ricopriva il fondo dei loro giacigli, caddero in un sonno profondo e senza sogni.

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