mercoledì 26 settembre 2007

Le belle donne 2

Afrodite/Venere

è sicuramente la figura più vicina al nostro culto della bellezza muliebre.
I poeti e gli artisti celebrano il contorno perfetto del suo volto, lo splendore dei suoi occhi, il sorriso della sua bocca, la purezza dei suoi seni; non si spingono oltre ma lo pensano.
Dea fiera e crudele, ella assilla la natura animale e regna sul cuore e sui sensi degli uomini.
Figlia di Zeus e Dione (Iliade, V, 312).
Secondo Esiodo è nata dalla spuma del mare fecondata dagli organi sessuali di Urano che Crono aveva mozzato e gettati in mare.
Così “la dea nata dalle onde” sarebbe una delle prime dee (Teogonia, 188, ss.); non appena uscita dalle acque è trasportata lieve dagli Zefiri fino alle coste di Cipro ed è lì dove viene vestita, coperta di gioielli, cosparsa di essenze, aromi, profumi quindi immediatamente condotta al cospetto degli dei immortali nel loro palazzo.
Per questa doppia origine viene quindi considerata l’una la nobile dea dell’amore puro (Urania) e l’altra, la figlia di Dione (Pandemo) è la dea dell’amore volgare (quello che più piace insomma).
Sposa del povero Efesto (Vulcano), se la fa di gusto con Ares (Marte), ovvio di nascosto; Efesto viene informato dai soliti noti (mai buoni di farsi i fattacci loro) ed allora le tende una trappola mediante una rete dalle maglie invisibili ed invita tutti gli dei a sorprendere gli amanti sul più bello ed a svergognare la fedifraga (facendo così lui una bella figura da c., incavolare Marte da morire e piangere la povera dea desiderosa solo di attenzioni).
Afrodite spaventata e sorpresa fugge tutta vergognosa verso Cipro senza capacitarsi di quanto accaduto ed Ares, a sua volta, scappa solo soletto in Tracia ad azzufarsi con le popolazioni locali.
Da questi amori più o meno virtuosi nasceranno Eros (l’Amore più peccaminoso) e Anteros (l’Amore che ricambia) così come Dimo (il Terrore) e Fobo (il Timore).
Ma la frivola dea non ha un solo amante, è celebre la sua passione per Adone (bello ma pirla), ama pure il pastorello Anchise (si sà, l’aria di campagna stimola da sempre nella bella stagione) che incontra sul monte Ida. Ha una relazione con Ermete e con Dioniso da cui ha Priapo (priapismo deriva da lui). Fetonte, Faone, Cinica, Bute, Paride saranno i suoi favoriti (beh, Paride se non altro è stato un uomo quantomeno fortunato, magari non era amato ma si è fatto ben consolare).
Fosse tutto qui, Afrodite è bella, brava e disponibile ma anche terribilmente gelosa e ispira a Eos (l’Aurora) un amore impossibile per Orione perché ella aveva sedotto Ares (il cui spirito guerriero era forte ma la carne…). Le armi di Afrodite sono varie e crudeli: castiga tutti coloro che non vogliono cederle (mah?) così induce le figlie di Cinica alla prostituzione e infligge un odore pestilenziale alle donne di Lemno che avevano trascurato il suo culto: queste, abbandonate dai loro mariti, uccidono tutti gli uomini dell’isola e si arrangiano da sole (evidentemente non sono solo gli uomini che per dispetto…).
Il potere di Afrodite è immenso; è un amore per il toro bianco di Minosse che essa ispirerà a Pasifae (da cui nascerà il Minotauro poveretto).
Tra le sue vittime ricordo Elena, Medea, Arianna, Fedra, Ippodamia etc (leggere per credere!)...
E’ stata Afrodite a dare Elena a Paride pur di stravincere quel concorso di miss contro le altre

belle olimpioniche e guardate che casino immane ne è venuto fuori e quanti lutti a quei poveri ed innocenti Achei (ricordo a tutti quanti l’enorme risentimento generale, sulla terra e nelle alte sfere delle divinità celesti, altro che calma olimpica)!
Quando Afrodite entra in campo Eros le si adatta e le si associa in una sorta di gioco didascalico e preciso delle reciproche parti (non certo carnalmente).
Ma è lei, la dea passionale e stupenda, che indica il momento in cui i sessi si distinguono, dove l’unione e l’amplesso si compiono senza alcuna confusione, dove la distanza fra i due amanti modella l’attrazione dell’uno verso l’altro sublimandone i momenti sottolineati da languidi gemiti e prolungati sospiri.
Con lei nascono il ciangottio delle ragazzine, i sorrisetti gli inganni e i mezzucci, il fascino e…la seduzione. E lei, Afrodite, aiutata da Eros, arma talora le donne di un desiderio violento ed indomabile ma ha senso della misura in questo, tale da farle respingere Priapo (figlio suo e di Zeus) perché spaventata da quel membro spropositato e dalle sue deformità (Priapo, abbandonato in un bosco, verrà allevato dai pastori, resterà una divinità rustica e si abituerà presto ad arrangiarsi da solo saggiamente senza farsene un dramma).
Afrodite è quindi la vera dea dell’amore ed i suoi templi (specie quelli del monte Erice a Corinto) sono popolati di ierodule (serve dei sacerdoti dei templi greci) che si concedono benevolmente agli stranieri di passaggio; tale funzione era all’inizio riservata alle giovanette che donavano così la loro verginità alla dea, ma poco a poco, fu riservata a schiave, addette al tempio, vere professioniste dell’amore passionale e a volte ben remunerato dai poveri viandanti in cerca di sbuffi di calore umano.

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