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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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martedì 31 luglio 2012

Rovescio estivo


PIOGGIA


Pioggia fiacca, pioggia estiva
dai cespugli rumoreggia, rumoreggia dagli alberi.
Com’è bello e benedetto
sognare ancora a sazietà.
Fuori a lungo me ne stetti nella luce,
desueta mi è quest’onda:
dimorare nel proprio intimo
da nessuna terra estranea essere attratto.
Niente desidero, niente bramo,
accenno lievi canti infantili,
stupito a casa sono approdato
nella vaghezza calda dei sogni.
Cuore, come sei lacerato dalle ferite,
come sprofondi cieco e beato
di non pensare, di non sapere,
solo alitare, solo sentire.

Hermann Hesse


piovendo piango e strido
in rimasugli di stupide cose
come un attimo solo,
come un vibrante assenso
e ritrovo il continuo e lo spazio...


Il rovescio è un fenomeno meteorologico caratterizzato da un'intensa precipitazione. Per essere definito tale, l'episodio piovoso deve raggiungere almeno una media di 10 mm orari. I rovesci vengono definiti temporaleschi, se associati ad attività elettrica con associati fulmini e tuoni; possono talvolta essere associati a grandine, in caso di avvezione di aria molto fredda in quota che contrasta con una preesistente massa d'aria calda. Se la temperatura al suolo risulta di pochi gradi sopra lo zero, possono verificarsi rovesci di pioggia mista a neve, o direttamente nevosi se il punto di rugiada si presenta al di sotto dello zero, con temperatura di poco positiva. Il fenomeno meteorologico può essere o meno accompagnato da raffiche di vento; la sua durata è piuttosto limitata nel tempo, variando mediamente da poche decine di minuti ad un paio d'ore. La maggior parte dei rovesci risulta associata ad instabilità atmosferica e si verifica con maggiori probabilità tra il pomeriggio e la sera, quando maggiori risultano essere le differenze termiche tra le masse d'aria fredda in quota e le masse d'aria più calde che si sollevano dal suolo. Sono considerati rovesci anche tutti gli eventi di durata inferiore all'ora, ma con intensità di pioggia superiori ai 10 mm orari (da wikipedia).

lunedì 30 luglio 2012

Riflesso e poesia


dove i miei monti sconfinano
i sensi stanchi si appagano,
una scia divide nel cielo
il chiaro di questo mattino...
 



Pioggia estiva


Cade dalle nuvole dense,
avida l'accoglie la terra riarsa.
Sbigottite le cicale
sospendono il coro; .
gli uccelli si scrollano le penne.
Un lampo squarcia le nubi;
le gocce si fanno più grosse, più fitte.
Ed ecco improvviso l'azzurro.
Al sole fiammante
goccioline d'acqua sulle foglie lustre.


Baldassarre Guerra

domenica 29 luglio 2012

poesia e riflesso

La mia sera

Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c'è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!
Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.
E`, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d'oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell'ultima sera.
Che voli di rondini intorno!
che gridi nell'aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l'ebbero intera.
Né io... e che voli, che gridi,
mia limpida sera!
Don... Don... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era...
sentivo mia madre... poi nulla...
sul far della sera.

Giovanni Pascoli


è sera nel mio cuore
dorme l'amore,
coi sensi appagati
e la gola riarsa
piena di sale...

sabato 28 luglio 2012

Frammento ritrovato



solo nel sole
il sale sul volto,
mare e sudore
in un niente di vento...

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati

venerdì 27 luglio 2012

Frammento di tempesta

flebile suono di mare,
lo sento, tra i capelli ed il vento,
lo vedo negli occhi riarsi
che chiedono lacrime;
ora sono tempesta
e sconfino e sconvolgo
un bicchiere di niente...

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati




tempesta in un bicchier d'acqua
  • • Scalpore, scandalo, confusione e simili di grande violenza ma di breve durata, come appunto quella di una tempesta che in un bicchiere d'acqua si calmerebbe immediatamente. Sottintende in particolare che tanta agitazione è nata per una sciocchezza.
  • Il detto si può ricollegare a un passo di Cicerone (De legibus,3,16,36) che si riferisce sprezzantemente alle proposte di legge avanzate da un piccolo mestatore, che sarebbe stato molto più rispettabile se avesse provocato le stesse tempeste non già “in una coppetta”, ma almeno nel Mar Egeo. In ambito greco si trova poi un passo di Ateneo, che riferisce come Dorione, autore di un'importante opera sui pesci, a proposito di una terribile tempesta descritta da Timoteo commentò di avere visto una tempesta più grande “in una pentola che bolliva”. (dalla rete) 

giovedì 26 luglio 2012

Canto indiano

STELLE
 
A Cocorì vi è una ragazza
di nome Hesucita.
E’ una bella ragazza,
e ha gli occhi come le stelle;
i suoi occhi belli son come le stelle
che palpitano.

Canto Yuman e Yaqui
 

sono qui a contare
nel cielo nomi passati
disegno col dito le cose
come fa un bimbo
e piango come un grande...

mercoledì 25 luglio 2012

Tempo di mughetti

Il mughetto (Convallaria majalis, L. 1753) è una specie di piante erbacee perenni, velenose e rizomatose, appartenente alla famiglia delle Convallariaceae (già inclusa nelle Liliaceae). Spontanea nelle zone prealpine italiane, alta fino a 20 cm, diffusa in Europa Nord America e Asia. Il nome Convallaria deriva dalla vecchia denominazione latina Lilium convallium o giglio delle convalli; oltre a mughetto, viene anche chiamato volgarmente mugherino, convallaria e fioraliso, e presenta alcune varietà a fiore rosa.
Fusto scapi eretti alti fino a 20 cm.
Radici sottile e lungo rizoma stolonifero, strisciante.
Foglie 2 sole foglie basali ovali-lanceolate, larghe 2-4 cm, lungamente picciolate, appuntite e dapprima racchiuse in una guaina, la superficie dalla lamina è glabra liscia di colore verde-chiaro, e mostra numerose nervature parallele.
Fiori bianchi, con perigonio subgloboso-campanulato, formato da 6 tepali saldati, con brevi punte libere, profumatissimi, riuniti in numero di 5-12 in piccoli racemi unilaterali penduli, con varietà di colore rosa, fioritura primaverile.
Frutti bacche globose, pendule, rosse a maturità, poco più grosse di un pisello Semi ogni frutto porta tre semi brunastri a sezione triangolare.
Habitat frequente nei luoghi boscoso-cespugliosi e sassosi, specialmente su suoli calcarei, dalla pianura alla montagna.
Diffusione spontaneo nei boschi delle prealpi, manca nell'Italia meridionale e insulare. 
Coltivata come pianta ornamentale nei luoghi ombrosi di parchi e giardini per decorare aiuole, sottobosco, per la produzione industriale del fiore reciso o forzato in serra per la commercializzazione invernale di piante fiorite in vaso. L'aroma di mughetto è molto usato in profumeria, anche se viene utilizzato prevalentemente quello di sintesi.
Utilizzata per le proprietà medicinali di alcuni glicosidi come la convallatossina, convallamarina, convallarina e acido convallarico.
Questa pianta è velenosa in tutte le sue parti escluso il rizoma, a causa del suo contenuto in glicosidi cardioattivi tra cui la convallatossina che possiede attività cardiocinetica 10 volte superiore a quella della digitossina: di conseguenza se ne sconsiglia l'uso senza il consiglio del medico; può avere azione emetica (stimolante il vomito), purgativa drastica e cardiotossica Lo sciroppo, l'infuso unito a sostanze sciroppose o la polvere impastata con il miele, della pianta intera raccolta in piena fioritura, in maggio-giugno, e fatta essiccare all'aria in luogo ombreggiato, vanta proprietà diuretiche, emetiche, cardiotoniche. Per uso topico l'infuso serve per lavaggi auricolari Il solo rizoma essiccato e ridotto in polvere ha un effetto sternutatorio.
Esige posizione ombreggiata terreno soffice, ricco e sabbioso, annaffiature abbondanti nel periodo vegetativo, con riposo estivo. Si moltiplica in autunno o in primavera, per divisione dei rizomi, lasciando una gemma e alcune radici per ogni porzione. Le varietà per la forzatura invernale prevedono l'utilizzo di rizomi con occhi ( gemme) di 3 anni, con apice arrotondato, tenuti in ambiente fresco, collocandoli in mazzetti, in cassette ripiene di sfagno, ricoprendoli di sabbia, torba o segatura, senza luce con temperature di 25-30 °C, bagnando quotidianamente, quando le piantine raggiungono i 10 cm di altezza, si aumenta la luminosità abbassando contemporaneamente la temperatura a 20-22 °C, per la produzione del fiore reciso si procede al taglio a raso della cacciata.



Tempo

I
Mentre tu dormi
le stagioni passano
sulla montagna.
La neve in alto
struggendosi dà vita
al vento:
dietro la casa il prato parla,
la luce
beve orme di pioggia sui sentieri.
Mentre tu dormi
anni di sole passano
fra le cime dei làrici
e le nubi.
II
Io posso cogliere i mughetti
mentre tu dormi
perché so dove crescono.
E la mia vera casa
con le sue porte e le sue pietre
sia lontana,
né io più la ritrovi,
ma vada errando
pei boschi
eternamente –
mentre tu dormi
ed i mughetti crescono
senza tregua.

Antonia Pozzi
28 maggio 1935


la testa che scoppia
un altro momento di stasi,
fuori il silenzio mattutino
dentro rumor di frigor;
il biscotto inzuppato
un volto lontano
ed un patetico riflesso...

martedì 24 luglio 2012

Frammento su un cornicione

le linee del vago
risplendono lontane,
fuori il fresco cortile
prepara le pietre al sole;
ondeggia una chioma di noce
sul fare dell'alba,
un piccione osserva immobile
dal suo cornicione...

anonimo del X° secolo
frammenti ritrovati


Il cornicione è un elemento architettonico che svolge la funzione di terminazione superiore di un edificio. Presenta normalmente andamento orizzontale e sporge in modo più o meno accentuato rispetto alla parete esterna dell'edificio, decorato con modanature e talvolta mensole . Può assumere la forma di una cornice (con o senza modiglioni) o di una trabeazione, pur mancando degli elementi di sostegno degli ordini architettonici (semicolonne, paraste o lesena). Le prime forme di cornice in pietra risalirono all'antico Egitto e presumibilmente derivarono da precedenti strutture lignee. L'architettura greca grazie alla codificazione della trabeazione impose una forma ben precisa del cornicione che venne conservata parzialmente anche in epoca ellenistica e dai romani che ne mutarono infatti solo l'interpretazione, passando da una espressione costruttiva a una maggiormente plastica. Se il cornicione medioevale assunse una valenza per lo più funzionale, quello rinascimentale ritornò allo stile monumentale (da wikipedia).

lunedì 23 luglio 2012

Favola

Per favola si intende un genere letterario caratterizzato da brevi composizioni, in prosa o in versi, che hanno per protagonisti di solito animali – più raramente piante o oggetti inanimati – e che sono fornite di una "morale". Il termine italiano «favola» deriva dal termine latino "fabula", derivante a sua volta dal verbo "fari" = dire, raccontare. Il termine latino «fabula» indicava in origine una narrazione di fatti inventati. La favola ha pertanto la stessa etimologia della "fiaba". Sebbene favole e fiabe abbiano molti punti di contatto, oltre alla comune etimologia, i due generi letterari sono diversi: i personaggi e gli ambienti delle fiabe (orchi, fate, folletti, ecc.) sono fantastici, mentre quelli delle favole (animali con il linguaggio, i comportamenti e i difetti degli uomini) sono realistici la favola è accompagnata da una "morale", ossia un insegnamento relativo a un principio etico o un comportamento, che spesso è formulato esplicitamente alla fine della narrazione (anche in forma di proverbio); la morale nelle fiabe in genere è sottintesa e non centrale ai fini della narrazione. La favola può essere in prosa o in versi. Dal punto di vista della struttura letteraria, la favola presenta elementi di somiglianza con la parabola, nella quale tuttavia non compaiono animali antropomorfi o esseri inanimati.


Stelle

Tornano in alto ad ardere le favole.
Cadranno colle foglie al primo vento.
Ma venga un altro soffio,
Ritornerà scintillamento nuovo.

Giuseppe Ungaretti


quelle che lessi bambino
nascosto, la notte,
dalle coperte di lana
per non essere scorto;
quelle che scrissi già uomo...

domenica 22 luglio 2012

1099

Roberto Vecchioni (Carate Brianza, 25 giugno 1943)
è un cantautore, paroliere e insegnante italiano.
È considerato fra i cantautori italiani più importanti, influenti e stilisticamente eterogenei, tanto che «può permettersi di vincere il Festivalbar e di far coppia con i più bei nomi della nostra canzone sul palco del Club Tenco, di scrivere canzoni raffinate e suadenti, di riscrivere la storia di Orfeo ed Euridice, di citare Oscar Wilde ed al tempo stesso di scherzare, cadere di tono, frequentare la canzonetta senza perdere lo spirito e la faccia» come ha scritto Ernesto Assante su la Repubblica.
Ha vinto i quattro premi più importanti della musica italiana: il Premio Tenco nel 1983, il Festivalbar nel 1992, il Festival di Sanremo e il Premio Mia Martini della critica nel 2011.


Gaston e Astolfo
 
Partiamo partiamo
partiamo partite
partiamo partiamo
partiamo partite
evviva bambini
ci son le crociate
Partiamo partiamo
partiamo partite
partiamo partiamo
ci son le crociate
Partiamo partiamo
partiamo partite
partiamo partiamo
partiamo partite
partiamo partiamo
partiamo partite
E quando só partiti li crociati
con mille e mille e mille bei vestiti
Gaston francese e Astolfo l'italiano
s'innamoraro d'un amore amaro
s'innamoraro d'un amore amaro
E só passati gli anni e só tornati
Astolfo la sua donna s'è sposato
e di Gerusalemme s'è scordato ...
di Gaston de la Seine
non si seppe plus rien
 
Millenovantanove

Il male del ritorno Astolfo
È questo non trovarsi più
Percorrere gli spalti fino all'alba
Senza sonno su e giù
Non sentire una voce
Se non l'eco nella sala d'armi
E chiedersi i ritratti sul muro
Cosa avranno da guardarmi
Il male non è stare senza donne
Di puttane ne ho da non poterne più
Il male è quella finestra
Dove dietro c'è la donna che eri tu
Il giorno che mi vestivi e dicevi
La guerra non è un fatto tuo
E il giorno che mi insegnavi
Gerusalemme la prendiamo per Dio
Per Dio
Per Dio
No è perché lo voglio io
Amore amore amore amore mio
Per Dio
Per Dio
Ma la sera ti baciavo io
Amore amore amore amore mio
Se devo credere ai mercanti di Fiandra
Stai con quella che ride di più
Tiri di spada con la tua ombra
E sei felice, va bè o suppergiù
Chissà se stai scrivendo ancora poesie
Chissà con che sorriso le dici anima mia
Gaston è vecchio, Gaston è sempre bello
Beve ogni sera quanto vale il tuo cuore
Gaston ricorda tutto ogni duello
E i nemici e le tue ferite amore
E ricorda parole che il vento era una brezza
E la prima volta che ti ha dato una carezza
E Dio
E Dio
Quella tua storia insieme a Dio
Amore amore amore amore mio
E Dio
E Dio
Va bene si perfino Dio
Però la sera
Ti baciavo io
Se dormo sogno di sfidarti sempre
E farti un buco proprio dentro il cuore
Farti sentire tutto il senso
Di questo inutile avere dolore
Riempirti la pancia con la tua stessa spada
Perché tu non sei più lo stesso
E perché non ti veda
E Dio
E Dio
Ti salverebbe adesso Dio
Amore amore amore amore mio
E Dio
E Dio
Tienitelo stretto Dio
Amore amore amore amore mio.

Roberto Vecchioni
da "Bei tempi"

sabato 21 luglio 2012

Poesia e riflesso

Per una ballata italiana
da "Notte Privata"

O questa mostra gente
che tutto sa di niente,
questa grandeur abbiente
abominevolmente...
O quelli che dai mattoni
edificano le teste,
e con le televisioni, palloni
le idiotizzano in resse...
O questa nuova gente
in ascesa da oscuri
poteri innominati, spuri
dello spreco affluente...


Gianni D'Elia


come un istinto
pitturo l'istante
mi piego carponi
riduco le frasi
e coloro la carta...

venerdì 20 luglio 2012

Nonsò

C'era una volta un Principe che ritornando dalla caccia vide nella polvere, sul margine della via, un bimbo di forse otto anni che dormiva tranquillo. Scese da cavallo, lo svegliò:
- Che fai qui piccolino?-
- Non so - rispose quegli, fissandolo senza timidezza.
- E tuo padre?-
- Non so.-
- E tua madre?-
- Non so.-
- Di dove sei?-
- Non so.-
- Qual è il tuo nome?-
- Non so.-
Preso il bimbo in groppa, il Principe lo portò al suo castello e lo consegnò alla servitù, perché ne avesse cura.
E gli fu dato il nome Nonsò.
Quando ebbe vent'anni, il Principe lo prese per suo scudiero.
Un giorno passando in città gli disse: - Sono contento di te e voglio regalarti un cavallo, per tuo uso particolare.-
Andarono alla fiera. Nonsò esaminava gli splendidi cavalli, ma nessuno gli piaceva e se ne andarono senza aver nulla comperato. Passando dinanzi ad un mulino videro una vecchia giumenta quasi cieca, che girava la macina. Nonsò guardò attentamente la bestia e disse: - Signore, quello è il destriero che mi abbisogna!-
- Tu scherzi!-
- Signore, compratemelo e ne sarò felice.-
Il Principe si sdegnò quasi, poi vedendo Nonsò supplicante, cedette alle sue preghiere e comperò la giumenta.
Il mugnaio, consegnando la bestia a Nonsò, gli disse all'orecchio:
- Vedete questi nodi nella criniera della cavalla? Ogni volta che ne sfarete uno, essa vi porterà sull'istante a cinquecento leghe lontano.-
Ritornarono a casa.
Pochi giorni dopo il Principe venne invitato dal Re, e Nonsò fu ospite col suo signore nel palazzo reale.
Una notte di plenilunio passeggiava nel parco e vide appesa ad un albero una collana di diamanti che scintillava alla luna.
- Prendiamola, dunque... - disse ad alta voce.
- Guardati bene o te ne pentirai! - fece una voce ignota e vicina.
Si guardò intorno. Chi aveva parlato era il suo cavallo. Esitò un poco, ma poi si lasciò vincere dal desiderio e prese la collana.
Il Re aveva affidato a Nonsò la cura di alcuni suoi cavalli e di notte egli illuminava la sua scuderia con la collana sfavillante.
Gli altri stallieri, gelosi di lui, cominciarono ad insinuare che nella scuderia di Nonsò splendeva una luce sospetta, che egli si dava a stregonerie misteriose.
Il Re volle spiarlo; e una notte, entrando di subito nella scuderia, vide che la luce veniva dalla collana abbagliante, appesa ad una mangiatoia.
Fece arrestare il giovane e convocò i saggi della capitale perché decifrassero una parola scritta sul fermaglio della collana. Uno studioso decrepito scoperse che il monile era della Bella dalle Chiome Verdi, la principessa più sdegnosa del mondo.
- Bisogna che tu mi conduca la principessa dalle Chiome Verdi - disse il Sovrano - o non c'è che la morte per te.-
Nonsò era disperato.
Andò a rifugiarsi dalla vecchia giumenta e piangeva sulla sua magra criniera.
- Conosco la causa del tuo dolore - gli disse la bestia fedele, - è venuto il giorno del pentimento per la collana presa contro mio consiglio. Ma fa' cuore ed ascoltami. Chiedi al Re molta avena e molto danaro, e mettiamoci in viaggio.-
Il Re diede avena e danaro e Nonsò si mise in viaggio con la sua cavalla sparuta.
Arrivarono al mare. Nonsò vide un pesce prigioniero fra le alghe.
- Libera quel poveretto! - gli consigliò la cavalla.
Nonsò ubbidì, e il pesce, emergendo con la testa sull'acqua, disse:
- Tu mi hai salvata la vita e il tuo benefizio non sarà dimenticato. Se tu abbisognassi di me, chiamami e verrò.-
Poco dopo videro un uccello preso alla pania.
- Libera quel poveretto! - gli consigliò la giumenta.
Nonsò ubbidì e l'uccello disse:
- Grazie, Nonsò; quando ti sia necessario, chiamami e saprò sdebitarmi.-
Giunsero dinanzi al castello della principessa.
- Entra - disse la giumenta - e non temere di nulla. Quando vedrai la Bella, invitala ad accompagnarti qui. Io danzerò per lei danze meravigliose.-
Nonsò bussò al palazzo. Aprì una dama bellissima, ch'egli prese per la principessa in persona.
- Principessa...-
- Non son io la principessa.-
E l'accompagnò in un'altra sala dove l'attendeva una fanciulla più bella ancora.
E questa a sua volta l'accompagnò in una sala attigua da una compagna più bella di lei; e così di sala in sala, da una dama all'altra, sempre più bella, per abituare gli occhi di Nonsò alla bellezza troppo abbagliante della Bella dalle Chiome Verdi.
Questa lo accolse benevolmente, e dopo un giorno accondiscese a vedere la giumenta danzatrice.
- Saltatele in groppa, principessa, ed essa danzerà con voi danze meravigliose.-
La Bella, un poco esitante, ubbidì.
Nonsò le balzò accanto, sciolse uno dei nodi della criniera e si trovarono di ritorno dinanzi al palazzo del Re.
- M'avete ingannata - gridava la principessa, - ma non mi do per vinta, e prima d'essere la sposa del Re vi farò piangere più d'una volta...-
Nonsò sorrideva soddisfatto.
- Sire, eccovi la Bella dalle Chiome Verdi!-
Il Re fu abbagliato di tanta bellezza e voleva sposarla all'istante.
Ma la principessa chiese che le si portasse prima una forcella d'oro tempestata di gemme che aveva dimenticato nello spogliatoio del suo castello.
E Nonsò fu incaricato dal Re della ricerca, pena la morte. Il giovane non osava ritornare al castello della Bella dalle Chiome Verdi, dopo il rapimento, e guardava la sua giumenta, accorato.
- Ti ricordi - disse questa - d'aver salvata la vita all'uccello impaniato? Chiamalo e t'aiuterà.-
Nonsò chiamò e l'uccello comparve.
- Tranquillati, Nonsò! La forcella ti sarà portata.-
E adunò tutti gli uccelli conosciuti, chiamandoli a nome. Comparvero tutti, ma nessuno era abbastanza piccolo per entrare dalla serratura nello spogliatoio della Bella. Vi riuscì finalmente il reattino, perdendovi quasi tutte le penne, e portò la forcella al desolato Nonsò. Nonsò presentò la forcella alla principessa.
- Al presente - disse il Re - voi non avete più motivo per ritardare le nozze.-
- Sire, una cosa mi manca ancora e senza di essa non vi sposerò mai.-
- Parlate, principessa, e ciò che vorrete sarà fatto.-
- Un anello mi manca, un anello che mi cadde in mare, venendo qui...-
Venne ingiunto a Nonsò di ritrovare l'anello, e quegli si mise in viaggio con la giumenta fedele. Giunto in riva al mare chiamò il pesce e questo comparve.
- Ritroveremo l'anello, fatti cuore!-
E il pesce avvertì i compagni; la notizia si sparse in un attimo per tutto il mare e l'anello venne ritrovato poco dopo, tra i rami d'un corallo.
La principessa dovette acconsentire alle nozze.
Il giorno stabilito s'avviarono alla cattedrale con gran pompa e cerimonia.
Nonsò e la cavalla seguivano il corteo regale ed entrarono in chiesa con grave scandalo dei presenti.
Ma quando la cerimonia fu terminata, la pelle della giumenta cadde in terra e lasciò vedere una principessa più bella della Bella dalle Chiome Verdi.
Essa prese Nonsò per mano:
- Sono la figlia del re di Tartaria. Vieni con me nel regno di mio padre e sarò la tua sposa.-
Nonsò e la principessa presero congedo dagli astanti stupefatti, né più se n'ebbe novella.
Guido Gozzano

giovedì 19 luglio 2012

Legame

In generale un legame è un vincolo che collega due o più cose, per estensione può anche indicare un nesso logico.
Possono esservi numerosi utilizzi del termine:
  • In chimica: forza che unisce atomi o molecole, ad esempio legame chimico, legame idrogeno, legame covalente, legame ionico, legame dativo
  • In psicologia: unione morale o sentimentale, ad esempio doppio legame
  • Nelle scienze in generale: relazione fra due o più enti, ad esempio numero di legame
  • In fonetica: può essere usato come sinonimo di liaison
  • In economia: legame come strategia aziendale

 

Keeping things whole

In a field
I am the absence
of field.
This is
always the case.
Wherever I am
I am what is missing.

When I walk
I part the air
and always
the air moves in
to fill the spaces
where my body's been.

We all have reasons
for moving.
I move
to keep things whole.

Mark Strand
da "Sleeping with one eye open"


confini distratti percepiscono
suoni distorti e continui
come sirene agghiacciate
in crescendo di stasi;
ebbro di futili umori
ripesco nel torbido un senso
e lo affido ad un refolo d'aria...


 Tenendo le cose assieme

In un campo
io sono l'assenza
di campo.
Questo è
sempre opportuno.
Dovunque sono
io sono ciò che manca.

Quando cammino
divido l'aria
e sempre
l'aria si fa avanti
per riempire gli spazi
che il mio corpo occupava.

Tutti abbiamo delle ragioni
per muoverci
io mi muovo
per tenere assieme le cose.

Mark Strand
da "Sleeping with one eye open"

mercoledì 18 luglio 2012

Poesia e riflesso

Suprema quies

Serrati i pugni bianchi come cera
giace supino in terra arrovesciato
e la faccia pel rivo insanguinato
è quasi nera.

Con orrido rilievo l'apertura
della ferita tutto il sangue aduna
su la nuca, sul collo, su la bruna
capellatura.

Giace supino. E non sembra dolere
la bella bocca. Quasi ch'Egli avvinga
ancor la Donna e la sua bocca attinga
tutto il piacere.

Due lumi sopra un cofano. Quei lumi
rischiarano il silenzio sepolcrale:
allineati stan nello scaffale
mille volumi

che alluminava un mastro fiorentino
d'orifiamme e d'armille in cento nodi.
Aperti sul divano soni i "Modi"
dell'Aretino

e sul divano è un guanto che rimosse
qui, nell'entrar, la Donna del Convito
ed un mazzo sfasciato ed avvizzito
di rose rosse.

Guata con gli occhi di mestizia pieni
in capo al letto sull'arazzo infisso
dolentemente immoto il crocifisso
di Guido Reni.

Notte e silenzio intorno. Tutto tace.
Come in un sogno d'armonia perplessa
al Poeta ventenne è già concessa
l'ultima pace.

Guido Gozzano


e questo caldo trasuda
nel  tempo le cose
si opprime il pensato
in rivoli densi, salati;
silenzi infiniti scorrono
sulla mia pelle...


martedì 17 luglio 2012

Poesia ritrovata


Scorci

Vie impervie dove rimbalza il suono
dove lo sguardo intorno spazia
e l'anima assetata lì si sazia
in un crescendo vorticoso, a tono
in lontananza...oltre...il tuono.

anonimo del XX° secolo
poesie ritrovate

lunedì 16 luglio 2012

I mesi dell'estate


I mesi dell'estate

.... Giugno , Luglio, Agosto.
Sono nudi come l'aria
ma ciascuno porta un suo fregio,
l'uno un ramo di ciliegio
che di frutti ondeggia e svaria;
il secondo ghirlandette
di papaveri fiammanti,
spighe il terzo barbaglianti,
in manipolo costrette.
Bravi e validi figlioli,
rosolati al solleone;
saltan come in un trescone
di gagliardi campagnoli.
Diego Valeri

quel filo di luce
è l'alba, lo vedo,
tra poco il silenzio
sarà suoni e rumori;
ho sognato stanotte,
cuore in subbuglio,
mi rifugio nel vento...

con il termine solleone spesso si indica l'afa, ma in realtà il termine era stato coniato per esprimere quei giorni dell'anno sotto il segno del leone nei quali faceva spesso caldo.
un po come i giorni della merla d'inverno.

domenica 15 luglio 2012

Poesia e riflesso

Eternità

E' ritrovata. Che cosa? L'Eternità. E' il mare andato
col sole.
Anima sentinella, mormoriamo la confessione della
notte cosi nulla e del giorno infuocato.
Dagli umani suffragi, dagli slanci comuni là ti liberi
e voli a seconda...
Poiché soltanto da voi, o braci di raso, il dovere si
esala senza che si dica: finalmente.
Là, nessuna speranza, nessun orietur. Scienza
con pazienza, il supplizio è sicuro.
E' ritrovata. Che cosa? L'Eternità. E' il mare andato
col sole.

Arthur Rimbaud


pazzia lenta, scivolata,
tra carmi smunti e alti;
contesti incistati e lugubri
nel pieno di luce accecante...

sabato 14 luglio 2012

Sabato


Poesia del Sabato

Fra l’idea e il pomeriggio calava l’azzurro
e sempre più azzurre sono le ali della mia sdraio
mentre contemplo il Gran Premio di strane
emozioni che scaturiscono dall’auto sacrificio
di sei caffè prima di qualcosa di solido.
Scriverò un inno alle mosche!
Il caldo fa cose tremende al mio senso della moda,
il mio senso della moda fa cose tremende ai passanti,
i passanti vanno tutti alla spiaggia
quando i nasi escono in un rosa da bambino
e le pance luccicano come oro del deserto.
O campi di roulotte! O signor gelataio!
Le foglie del mio albero preferito fra poco
scoppieranno in fiamme, voteranno imparziali,
parleranno seriamente di attenzione all’infanzia.
Lascia che gli angeli della loquacità scrivano romanzi
senza peccato o merito, lascia che gli sporchi ex-realisti
sciolgano i capelli e confessino i Pan di Spagna
somministrati in eleganti piatti di porcellana in case a schiera.
Quando rinfrescherà, l’aspirapolvere ed io
balleremo e balleremo e balleremo e balleremo.
 
Tolhurst Hugh

 
Claude Monet, Casa di campagna, 1878

sabato di fresco
dietro la finestra,
la tenda che ondeggia
mi culla un pensiero
che brilla al mattino
sotto un raggio di cielo...

Sabato è il giorno della settimana tra il venerdì e la domenica, dal latino sabbatum derivante a sua volta dall'ebraico shabbat, giorno dedicato al riposo.
Per il mondo romano, prima dell'avvento del Cristianesimo, era Saturni dies, giorno di Saturno, utilizzato oggi nei paesi di lingua inglese (Saturday) e del Nord Europa.
Per l'ebraismo è un giorno sacro di astensione da qualsiasi opera creatrice e dunque anche dal lavoro (Esodo 20, 10) e di celebrazione dell'opera salvatrice di Dio (Deuteronomio 5, 12-15), prescritto nei dieci comandamenti (vedi Shabbat).
Alcune denominazioni cristiane dell'Avventismo millerita, tra cui la Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno, gli Avventisti del Settimo Giorno del Movimento di Riforma, i Davidiani e la Vera Chiesa di Gesù, osservano il riposo dalla sera del venerdì a quella del sabato, così come raccomandato dalla Bibbia (da wikipedia).

venerdì 13 luglio 2012

Poesia e riflesso

Acquazzone

Di nubi grigie a un tratto il cielo fu sporco;
e il tuono brontolò con la voce d'orco.
Si cacciò avanti, lungo lo stradone,
carta, foglie ed uccelli il polverone.
Si udirono richiami disperati,
tonfi d'imposte e d'usci sbatacchiati.
Si vider donne lottare in un prato
con gli angeli impauriti del bucato.
Poi seminò la pioggia a piene mani
tetti e vie di danzanti tulipani;
tagliò il paesaggio, illividì ogni cosa
in un polverìo d'acqua luminosa.
Quando si stava inebetiti e fissi
come sull'orlo di infuocati abissi
dove il mondo pareva andar sommerso,
il cielo sulle case era già terso,
e nei vetri appannati del tinello
risorrise il paese ad acquarello:
sulla campagna dolcemente crespa
ronzò la chiesa d'oro come vespa.
Non rimaneva dell'orrendo schianto
che il gocciare di musicale pianto
della gronda, già buono già tranquillo;
lo raccolse morente il bruno grillo.
Coi tamburini gracili di pelle
le rane lo portarono alle stelle.


Corrado Govoni


ed è frescura, scroscio,
un'anima beve,
un cuore assetato riposa;
quantunque perduto
un amore vaga
tra nuvole bigie...

giovedì 12 luglio 2012

Poesia ritrovata


Voli estivi

Macchie di colori
irridono il cielo estivo
crogiolando ali,
mimetizzando soste;
la notte luminose scie
tracciano percorsi
e fantasmagorici intrecci.

Anonimo del XX° secolo
poesie ritrovate

mercoledì 11 luglio 2012

Un coniglietto un pò diverso

Questa è la storia di un gattino dal mantello tigrato convinto di essere un coniglietto come i sui fratelli adottivi con i quali conviveva. Anche questi piccoli la pensavano come lui, poiché non avevano mai visto un gatto. La loro madre-coniglia l’aveva trovato una mattina tutto tremante vicino alla sua tana. Alla vista di questo batuffolino di pochi giorni non ci pensò nemmeno un secondo a prenderlo delicatamente in bocca e portarlo al calduccio fra i suoi sei neonati figlioletti. Avrà di certo pensato: allattarne sei oppure sette che differenza fa? Dopo alcune settimane i suoi figlioli si erano ricoperti di una soffice pelliccia e le loro orecchie si erano allungate.
Il gattino guardava ammirato questo miracolo e pensò che anche a lui stava avvenendo questo mutamento. Uscì timoroso dalla tana e curioso, come lo sono tutti i gatti,andò a specchiarsi in una pozza d’acqua. La delusione della sua immagine riflessa fu traumatica e il povero gattino cadde in una profonda depressione. A nulla valsero l’attenzione, la cura e l’amore di tutta la sua famiglia adottiva, il povero gattino dalla vergogna giurò che non sarebbe mai più uscito dalla tana. L’estate passò. L’autunno vide sempre più accentuarsi le differenze fra di loro, adesso i sei coniglietti erano diventati dei grossi conigli. Anche su di lui erano avvenuti dei cambiamenti, infatti, da gattino si era trasformato in una piccola tigre dai lunghi baffi e dalle unghie taglienti come rasoi.
La bellezza del suo pelo lucido era ben evidenziata da una magnifica coda. Adesso la differenza era più evidente. Venne l’inverno che portò neve e gelo e mamma –coniglia non sempre riusciva a trovare sotto questa cibo per tutti. Più passavano i giorni e più il cibo scarseggiava per cui mamma-coniglia si doveva allontanare sempre più dalla sua tana. Prima di uscire non si dimenticava mai di raccomandare al gatto di controllare che nessuno, uomo o animale, si avvicinasse alla tana. Durante una di quelle mattine in cui lei era uscita alla ricerca di cibo, una volpe affamata passando vicino alla tana sentì l’odore selvatico dei conigli e silenziosamente si avvicinò ad essa.
Già si leccava i baffi convinta che fra poco avrebbe fatto un bel pranzetto, ma non sapeva, povera volpe, che dentro vi era vigile e in guardia un generoso e forte gatto, pronto anche a sacrificarsi pur di salvare la sua famiglia. La volpe si sdraiò davanti alla stretta imboccatura della tana e mise una zampa dentro con l’intenzione di catturare una preda, invece, ricevette una violenta e inaspettata zampata dal gatto che con i suoi taglienti artigli le procurarono una brutta ferita. La volpe, dal dolore e dallo spavento, fuggì nella foresta urlando a tutti di stare attenti, perché in quella tana vi erano dei conigli magici che se assaliti potevano trasformarsi in bestie feroci. La mattina dopo, tutti gli abitanti della foresta per timore , ma anche per curiosità andarono a rendere omaggio ed a chiedere protezione a questa famiglia di conigli, portando loro in dono erba fresca e tanta carne. Al festeggiato, non restò che uscire dalla tana insieme ai suoi sei fratelli conigli per farsi ammirare e ricevere l’omaggio da tutti gli abitanti della foresta. Adesso di certo non si vergognerà più della differenza che lo distingue dai suoi amati fratelli conigli (dalla rete).