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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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lunedì 31 dicembre 2007

"Ma si sfasci la struttura delle cose,
vadano in perdizione i due mondi
piuttosto che dover mangiare ogni
boccone tremanti di paura e dormire
nell'orgasmo di questi terribili sogni
che ci agitano ogni notte."



W. Shakespeare,Macbeth, atto III°

Alla stazione in una mattina d'autunno



Oh quei fanali come s'inseguono
accidiosi là dietro gli alberi,
tra i rami stillanti di pioggia
sbadigliando la luce su 'l fango!

Flebile, acuta, stridula fischia
la vaporiera da presso. Plumbeo
il cielo e il mattino d'autunno
come un grande fantasma n'è intorno.

Dove e a che move questa, che affrettasi
a' carri foschi, ravvolta e tacita
gente? a che ignoti dolori
o tormenti di speme lontana?

Tu pur pensosa, Lidia, la tessera
al secco taglio dài de la guardia,
e al tempo incalzante i begli anni
dài, gl'istanti gioiti e i ricordi.

Van lungo il nero convoglio e vengono
incappucciati di nero i vigili
com'ombre; una fioca lanterna
hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei

freni tentati rendono un lugubre
rintocco lungo: di fondo a l'anima
un'eco di tedio risponde
doloroso, che spasimo pare.

E gli sportelli sbattuti al chiudere
paion oltraggi: scherno par l'ultimo
appello che rapido suona:
grossa scroscia su' vetri la pioggia.

Già il mostro, conscio di sua metallica
anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei
occhi sbarra; immane pe 'l buio
gitta il fischio che sfida lo spazio.

Va l'empio mostro; con traino orribile
sbattendo l'ale gli amor miei portasi.
Ahi, la bianca faccia e 'l bel velo
salutando scompar ne la tenebra.

O viso dolce di pallor roseo,
o stellanti occhi di pace, o candida
tra' floridi ricci inchinata
pura fronte con atto soave!

Fremea la vita nel tepid'aere,
fremea l'estate quando mi arrisero;
e il giovine sole di giugno
si piacea di baciar luminoso

in tra i riflessi del crin castanei
la molle guancia: come un'aureola
piú belli del sole i miei sogni
ricingean la persona gentile.

Sotto la pioggia, tra la caligine
torno ora, e ad esse vorrei confondermi;
barcollo com'ebro, e mi tocco,
non anch'io fossi dunque un fantasma.

Oh qual caduta di foglie, gelida,
continua, muta, greve, su l'anima!
Io credo che solo, che eterno,
che per tutto nel mondo è novembre.

Meglio a chi 'l senso smarrì de l'essere,
meglio quest'ombra, questa caligine:
io voglio io voglio adagiarmi
in un tedio che duri infinito.

Giosuè CARDUCCI - "Odi Barbare"

sabato 29 dicembre 2007

LAND'S END IV°


Cremagliere consunte,
semisepolte da coltre bianca
indugiano
in sbuffi di fumo.

Rivoli di pensieri vanno
vagando rissosi e confusi.
Il cielo è nitido
la mente serena.

A volte mi basta

giovedì 27 dicembre 2007

Le Belle Donne 9

Come potrei finire senza menzionare Tlazolteotl,

la dea atzeca che rappresenta l’amore carnale.
Le antiche scritture riportano che ella non si dispiaceva ad accoppiarsi democraticamente nonché ripetutamente con i diversi dei atzechi procurando loro piacevoli momenti di relax.
Dea della lussuria più sfrenata ella è pure Tlaelquarni, ovvero “la purificatrice”.
E’ una giovinetta che porta una maschera di cacucciù e, al naso, un ornamento in forma di mezzaluna. Responsabile delle infedeltà coniugali essa concede, nel contempo, il perdono agli amanti.
Gli amori extraconiugali si riteneva che diffondessero attorno a coloro che vi si abbandonavano una puzza inconfondibile, una sorta di sortilegio assai peculiare detto in modo impronunciabile ma di indubbia e tramandata efficacia “tlazolmiquitzli” (significato letterale: la morte prodotta dall’amore) ed è per questo che la dea era anche la patrona dei bagni a vapore (si sà una lavata e la seguente asciugatura hanno ancora un’elevata efficacia ormai storicamente provata che resiste e si tramanda di generazioni in generazioni col passare inesorabile degli anni).
A questo titolo le veniva offerto ogni anno un giovane in sacrificio; veniva ucciso e scorticato e la sua pelle ancora calda veniva usata per ricoprire la statua della dea.

Chissà quante dimenticanze in questo piccolo Pantheon delle belle dee.
Ho chiesto alla mia memoria ma non ho trovato altro.
Spero di avere divertito; delle belle donne…quelle vere. Parleremo poi, un’altra volta.
A proposito ho volutamente tralasciato le didascalie dell’ iconografia che comunque fanno ovviamente riferimento ai testi; ci si può divertire a trovare gli autori.

sabato 15 dicembre 2007

Quadri nella mia Vita

La trota



Dopo aver scontato i sei mesi di prigione ai quali era stato condannato per la sua partecipazione alla Comune del 1871, Courbet soggiorna per un breve periodo di tempo nella sua regione natale, la Franca Contea, prima di recarsi definitivamente in esilio in Svizzera. Proprio in questo periodo l'artista esegue molte nature morte aventi come soggetto i pesci e ispirate alle gigantesche trote catturate dai pescatori lungo la Loue, il fiume che bagna Ornans. Il quadro del museo d'Orsay è del resto una variante, di identiche dimensioni, di un'altra natura morta dedicata a questo tema conservata presso la Kunsthaus di Zurigo.
Courbet si colloca nella tradizione delle nature morte di pesca dipinte dai maestri olandesi del XVII secolo. La sua Trota, tuttavia, supera le intenzioni dei suoi predecessori per il suo carattere drammatico. Indubbiamente, in quest'immagine di un pesce in trappola, catturato ma ancora vivo, possiamo vedere una rappresentazione del pittore stesso, sempre in balia dei suoi giustizieri. Sopraffatto dalle prove che ha attraversato, Courbet ritorna nelle sue ultime opere alle espressioni romantiche della sua gioventù.
La potente individualità di Courbet esplode nella pennellata impetuosa, nell'impasto ruvido, nella violenza dei contrasti di questo quadro chiaramente ispirato alla pittura olandese. Nel lirismo di quest'opera, si legge tutta la disperazione dell'uomo
.

Che dire Gustave Courbet si avvicina molto al mio ideale bohemiene dell'essere uomo contro ma soprattutto vivo. La didascalica rappresentazione della morte in fondo non è altro che esorcizzare la stessa a favore di un fermo immagine, di un tono spento ma vitale.

Chissà se il mio essere vivo si avvicina a ciò che sento.

domenica 9 dicembre 2007

Le Belle Donne 8



Citerei anche Sarasvati,

dea indiana figlia e sposa di Brama che personifica ed identifica la parola efficace e divina del sacro Veda e l’energia femminile del dio.
E’ una bella e giovane donna bianca che non appena vista da Brama egli se ne invaghisce a tal punto da volerne fare la sua sposa.
Sarasvati felicissima di essere con colui che le ha donato la vita e volendo onorarlo, gli gira intorno danzando e Brama (dio si ma pur sempre vicino a noi poveri umani) pazzo di desiderio, la segue con lo sguardo in tal modo che una delle teste gli cresce a destra, un’altra a sinistra, una davanti e una di dietro ed infine una quinta sopra (Matsyapurana, III, 30-41).
Sarasvati è collegata con l’acqua ed è padrona dei fiumi ed è essa stessa fiume benefico ad irrorare le terre degli indù.
E’ la dea dell’amore coniugale ed assoluto che trascende ma completa la sensualità ed anche la sessualità dell’individuo.



Ma è Rati
il cui significato letteralmente tradotto è “tenerezza” (sposa del dio Kama o Kamadewa) la vera dea della voluttà e della sfrenata sessualità tantrica. Ella fa parte di quell’emisfero femminile che completa l’uomo e lo trascende nella cultura indiana. Suo compito è guidare ed ispirare gli amanti e rendere l’amplesso orgasmico e soddisfacente. Non mi stupirei che sia stata la sua abilità ginnico-sensuale ad ispirare alcune delle peculiarità contorsionistiche così accuratamente descritte ed illustrate nel KAMASUTRA

domenica 2 dicembre 2007

Quadri nella mia Vita



Millet è la gente, quella vera. Quella che soffre la fame e la fatica e si spinge nel Credo ringraziando il Sommo anche per le proprie disgrazie. Buffo!
Eppure Millet ci crede, si inoltra nelle pieghe dei pensieri e le sue immagin i si tingono di colori crepuscolari, siano essi l'inizio o la fine della dura giornata dei poveri e degli umili lavoratori delle città e, soprattutto delle campagne.
Il suo non è populismo è una sorta di struggente clamore che inonda il mondo borghese dei benpensanti panciapiena.
Mi piace così come si vede, come si può osservare.
Nel sacco delle spigolatrici qualche povero frutto della terra...
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